Colla

Colla

Aprile 1, 2019 0 Di Marta Cerù

Tempo fa ho trovato in una vecchia cartoleria dei barattoli di Coccoina. Ne ho comprati alcuni, presa da un attacco di nostalgia, e la prima cosa che ho fatto è stata annusare la colla bianca a occhi chiusi.

Odorava di banchi di scuola, di lavoretti, di grembiule bianco alle elementari e poi nero alle medie. Odorava di collage, quando ancora si usava comporli, di diari nei quali appiccicare bigliettini, ritagli di giornale, fotografie, tovagliolini di un bar speciale dove ero stata, una foglia, un fiore, una ghianda schiacciata. Odorava del desiderio di comporre, di unire, di trovare un senso e creare un disegno, di piccole cose belle alle quali attaccarsi.

In un contesto molto più elevato di quello di una cartoleria resiliente, ho afferrato la parola Colla riferita a un teorema che non conoscevo ancora: Il ‘Teorema Greco’. Ero nell’Aula Magna della Sapienza a Roma, in occasione dell’evento intitolato “La Scienza e l’Europa. Dalle origini a oggi”, una tavola rotonda in occasione dell’uscita dell’ultimo volume di un’opera magnifica composta da cinque libri scritti in circa sei anni da Pietro Greco, editi da L’Asino d’Oro Edizioni. Sotto il titolo che li comprende tutti, “La Scienza e l’Europa” appunto, stanno cinque sottotitoli: “Dalle origini al XII Secolo”, “Il Rinascimento”, “Dal Seicento all’Ottocento”, “Il primo Novecento”, “Dal secondo dopoguerra a oggi”. L’autore, divulgatore scientifico, giornalista e scrittore, rappresenta un faro per chi si occupa di comunicare argomenti di carattere scientifico, non solo per le sue numerose pubblicazioni, ma anche per essere stato tra i fondatori del Master in Comunicazione della Scienza alla Sissa di Trieste. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e averlo come insegnante in quel percorso di studi, e ritengo la sua scrittura l’esempio migliore di come conciliare il rigore della scienza con la capacità di narrare servendosi della storia e della filosofia, e con l’arte di comunicare in modo creativo concetti difficili, per renderli comprensibili a chi non conosce il linguaggio scientifico, pur avendo a che fare, come ognuno di noi oggi, con le ricadute della scienza sulla vita quotidiana.

I primi quattro volumi li avevo già sfogliati presso lo stand dell’editore a Plpl2018, immersa nella Nuvola di Fuksas, ma mancava ancora l’ultimo, quello relativo agli anni dal dopoguerra a oggi, oggetto della presentazione alla Sapienza. In ascolto tra le centinaia di persone che riempivano l’Aula Magna, ho acchiappato la parola Colla, estrapolandola dal teorema, battezzato con il nome dell’autore, dalla fisica delle astroparticelle Lucia Votano: “Il teorema di Pietro Greco recita che la scienza, o meglio dire la conoscenza, è stata il collante principale dell’Europa, che ha consentito di dominare il mondo per alcuni secoli, fino alle soglie del secolo scorso. Quando agli inizi degli anni cinquanta sono nate le prime istituzioni comunitarie, il predominio scientifico dell’Europa cominciava già a declinare e l’Europa è nata sospinta dall’idea di lasciarsi alle spalle anni di guerre fratricide, non solo riconoscendosi come una comunità di valori reali, libertà, democrazia, uguaglianza, ma anche come una comunità dalla conoscenza e dalla cultura comune. Il filo conduttore dei volumi è quello di dimostrare come la scienza sia parte di questo patrimonio comune. E Pietro Greco ci dimostra come il declino dell’Europa sia fortemente correlato con la perdita di quel rapporto privilegiato con la scienza e con la conoscenza, di cui aveva non solo il predominio ma quasi il monopolio fino all’inizio del secolo scorso”. La scienziata ha evidenziato alcuni problemi evidenti all’osservatore di oggi: il declino europeo è accelerato perché il continente è schiacciato tra la tigre cinese e l’aquila statunitense; attraversiamo da oltre dieci anni una grave crisi finanziaria ed economica, che ha portato all’aumento delle disuguaglianze e all’incapacità di gestire il fenomeno storico delle migrazioni; i colossi dell’informatica e della comunicazione esercitano uno strapotere; aumentano i problemi legati ai cambiamenti climatici. Tutto questo ci ha resi più insicuri e impauriti, ma ha anche generato un senso di ripulsa verso la politica nazionale e delle istituzioni comunitarie, accusate di non risolvere i problemi attuali.

Pietro Greco e Lucia Votano

Lucia Votano, fisica e prima donna a dirigere i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, incarna, con il suo percorso dall’Europa alla Cina, il profondo significato di questo ‘Teorema Greco’: “Il senso del mio intervento”, ha spiegato, “è quello di dare veridicità con la mia presenza e il mio racconto alla tesi di Pietro Greco in questo volume. Infatti ho iniziato il mio percorso di scienziata ai Laboratori di Frascati, sono passata al CERN, poi al laboratorio del Gran Sasso e attualmente il mio esperimento è in Cina. E quindi ho avuto un punto di vista privilegiato per osservare come la Cina si sia trasformata, nel giro di qualche decennio, da una posizione sostanzialmente marginale dal punto di vista scientifico a seconda potenza scientifica mondiale, tallonando molto da vicino anche gli Stati Uniti. Questa storia Lucia Votano la racconta nel suo libro divulgativo “La via della seta, La fisica da Enrico Fermi alla Cina” (Di Renzo Editore).

Riguardo all’opera di Greco, ha proseguito la Votano: “Non solo questo ultimo libro ma tutti e cinque hanno colmato una lacuna nel panorama dei libri di storia perché finalmente, in un periodo di un millennio, Pietro dimostra quale sia stato il ruolo fondamentale della scienza nella costruzione dell’identità europea e lo fa con argomenti chiari, fondati, con dati, e soprattutto con un approccio multidisciplinare che credo sia un po’ una singolarità, un’eccezione, perché normalmente ci si limita a mettere in evidenza il ruolo che certe innovazioni tecnologiche hanno avuto sulla società e si confonde la scienza con la tecnologia commettendo un errore culturale abbastanza comune”.

Lucia Votano

La dimostrazione di questo teorema particolare è argomento, non solo dell’ultimo volume della serie, ma di tutti e cinque i volumi di un’opera necessaria che racconta la storia della scienza e del continente europeo, dalle origini a oggi, per dimostrare che l’unico modo per uscire dalla crisi attuale in cui versa il continente è tornare a puntare sulla scienza.
“Per la prima volta nella sua storia dopo la rivoluzione scientifica del Seicento” si legge nella premessa di Pietro Greco al quinto volume sugli anni dal secondo dopoguerra a oggi: “la spesa europea in ricerca è inferiore a quella media del resto del mondo. L’indicatore spesa in R&S (ricerca e sviluppo) è magari un po’ grezzo, non coglie tutte le infinite pieghe culturali che legano la scienza alla società, ma denuncia uno sbilanciamento dei rapporti tra Europa e scienza. È espressione di un nuovo spaiamento. Il fatto è che il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica da un lato, la nuova globalizzazione dall’altro, con l’aggiunta della crisi finanziaria iniziata nel 2007, colgono impreparata l’Europa. Ancora una volta l’Europa si dimostra incapace di governare quella modernità che ha contribuito a creare. Di nuovo nel continente (più in qualche paese che in altri) cresce la diffidenza verso la scienza e, più in generale, verso la conoscenza. Non è solo e non è tanto il fatto che cresce il consenso di massa per gruppi che sfidano la comunità scientifica: in Italia hanno fatto rumore i casi Stamina e Xylella, ma in tutto il continente si è diffuso il sospetto immotivato nei confronti dei vaccini, un presidio medico che ha salvato centinaia di milioni di vite in tutto il mondo. Più importante è che si è venuta deteriorando in Europa l’idea di progresso. E, in particolare, l’idea illuministica che la conoscenza sia un fattore di progresso. Perché se è vero che la conoscenza da sola, non può garantire il miglioramento della condizione umana, è anche vero che non c’è possibilità alcuna di costruire un futuro desiderabile senza e addirittura contro la conoscenza. Di nuovo le spinte centrifughe dei nazionalismi. (…) Di nuovo l’aumento delle disuguaglianze e l’affiorare qui e là degli autoritarismi. (…) Di nuovo l’emergere di venti xenofobi e troppo spesso schiettamente razzisti. (…) La storia non si ripete. Non necessariamente, almeno. L’Europa può ripartire con un nuovo spirito, unitario e solidale, ricercando con determinazione una nuova sostenibilità, sociale ed ecologica. Ma per fare tutto ciò ha un’unica opzione: scommettere ancora una volta sulla conoscenza”.

Il pannello dei relatori invitati dalla Fondazione Roma Sapienza

La tavola rotonda, riunita dalla Fondazione Roma Sapienza in Aula Magna, presentata dal Presidente Antonello Fosco Biagini e moderata dall’editore e fisico Matteo Fago, che ha raccolto sei anni fa l’idea del giornalista scientifico, oltre che chimico, Pietro Greco, pubblicando in questi anni i cinque volumi per la sua casa editrice L’Asino d’Oro, è stata un modo per amplificare questa idea di scommessa, attraverso le parole dei magnifici relatori: la fisica Lucia Votano, l’orientalista assirologo Franco D’Agostino, il sociologo Domenico De Masi, il fisico, fiiosofo e politico Walter Tocci e il grande divulgatore Piero Angela.
Seguendo il profumo della parola Colla e l’immagine del barattolo di Coccoina, ho provato, dopo parecchi giorni di ruminazioni sui discorsi densi di spunti di riflessione, che potrò approfondire solo leggendo, di creare un Collage degli interventi e dei concetti che mi hanno colpito e riportato pesantemente con le mani in pasta nel mondo dal quale provengo, quello della fisica, in particolare nel campo delle particelle elementari, e poi quello della divulgazione scientifica.

Matteo Fago sul Maxischermo

Uno dei motivi per cui la scienza è davvero la Colla giusta per mantenere unita l’Europa e portarla a superare questo stato di crisi lo ha spiegato lo stesso editore Matteo Fago nel raccontare la figura dello scienziato: “Con gli occhiali del proprio processo induttivo e deduttivo, cioè un processo tra l’irrazionale e il razionale, lo scienziato riesce a vedere in profondità la realtà per elaborarne una nuova visione. In questo senso, la storia della scienza non è una storia a sé, qualcosa che rimane sganciato dalla storia con la S maiuscola, perché può determinare anche in chi non è scienziato pensieri nuovi e quindi fare la storia. Giordano Bruno diceva che a una nuova visione del mondo deve corrispondere una nuova visione dell’essere umano”. E i cinque volumi sono il compendio delle rivoluzioni scientifiche di scienziati che hanno cambiato il mondo e il pensiero sul mondo.

Ci sono due aspetti importanti che caratterizzano ogni scienziato. Il primo è l’atteggiamento simile a quello dei bambini che giocano e si divertono con la realtà, nel senso delle parole di Newton: Non so come apparirò al mondo. Mi sembra soltanto di essere stato un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l’oceano della verità giaceva insondato davanti a me. Il secondo è l’elemento cooperativo, anch’esso tipico dei bambini, che per natura amano giocare insieme. La cooperazione tra gli scienziati è fonte di creatività e rende grandi le opere di ricerca collettiva, come il Cern di Ginevra, il primo laboratorio di fisica atomica europeo, creato nel 1954 con l’intento visionario di unire gli stati membri europei nella ricerca scientifica volta a svelare i segreti dell’universo attraverso lo studio delle particelle elementari nel più grande acceleratore mai realizzato prima.

“Scienziati provenienti da ogni parte del mondo lavorano insieme al Cern e realizzano un micromodello di società ideale, una vera e propria utopia realizzata. Forse andrebbe studiato come un modello politico di società ideale, futura. Questa società utopica della scienza, di cui l’Europa è stata promotrice con il Cern, ma anche con la sua storia della scienza, è una speranza ma anche una certezza che esiste sempre la possibilità di opporsi alla stupidità e alla violenza di chi vuole chiudere gli occhi e non vedere, di chi vuole andare contro il desiderio di ogni essere umano di conoscere e di sapere. È importante sapere chi si ha di fronte, non per la paura dello sconosciuto, non per respingerlo, ma al contrario per andare verso lo sconosciuto, che lo scienziato intende non come qualcosa di inconoscibile ma qualcosa di sconosciuto solo perché non è ancora conosciuto”, ha concluso Matteo Fago.

Di creatività collettiva ha parlato il sociologo professore Domenico De Masi, che, tra le altre cose, si è occupato di analizzare i gruppi creativi: “Si tratta di una scoperta e un’invenzione sicuramente europea, della quale ci sono debitori molti paesi. La creatività è una sintesi quasi magica di due qualità, della fantasia e della concretezza. La fantasia senza concretezza è velleità, la concretezza senza fantasia è burocrazia. Occorrono le due cose ma le due cose si sublimano solo nei geni e i geni sono rari. L’Europa, a partire dalla meta dell’Ottocento, ha scoperto che si potevano costruire dei gruppi in cui persone dotate di grandissima fantasia, anche se poco concrete, potessero interagire con persone dotate di grande concretezza, anche se poca fantasia. Sono nati così i gruppi scientificamente organizzati, come quello dell’Istituto Pasteur di Parigi, del Laboratorio Cavendish di Oxford, il gruppo di Enrico Fermi dei fisici di Via Panisperna, e nelle arti la Scuola di Architettura Bauhaus, la confraternita dei preraffaelliti”. Il punto di vista di De Masi è che, seppure questo non è il migliore dei mondi possibili, è sicuramente il migliore esistito fino ad oggi. E, se anche la Cina, con la sua organizzazione, realizzerà opere all’avanguardia entro il 2049, noi europei possiamo possiamo darci l’obiettivo di organizzare modi per essere più felici. Può darsi che altri potranno trovare modi di arrivare al potere e al denaro. Ma non c’è solo questo. Ci sono bisogni di introspezione, di amore e di leggerezza, nel senso delle parole di Paul Valery: Bisogna essere leggeri come rondini, non come una piuma.

Walter Tocci

Secondo Walter Tocci, membro del comitato scientifico del centro studi per la riforma dello Stato, oltre che fisico e filosofo, tutti dovremmo leggere i cinque volumi, farli entrare in tutte le biblioteche e soprattutto in quella del Parlamento Europeo: “Pietro ha scritto per influire sulle decisioni politiche. Non è solo un ottimo giornalista, non è solo un raffinato storico della scienza, non è solo un apprezzato comunicatore della scienza, è anche un intellettuale impegnato, engagé si sarebbe detto una volta. In passato l’intellettuale engagé ha avuto un ruolo importante, ma oggi è quasi scomparso a causa del divorzio tra politica e cultura. Nella separazione entrambe hanno perso qualcosa: la politica è diventata superficiale e quindi meno credibile; la cultura ha perso influenza nella società. (…) Riusciranno i cittadini a far sentire la loro voce e a invertire la tendenza su un tema tanto ampio e complesso? Tutto può succedere. Inaspettatamente, pochi giorni fa una la ragazza svedese Greta Thunberg ha mobilitato milioni di giovanissimi in tutto il mondo per salvare la Terra”. (Ne ho parlato riguardo alla parola ‘Rassettare’)

Walter Tocci ha messo in evidenza un altro elemento importante, analizzato negli ultimi due volumi dell’opera di Pietro Greco, quello della connessione tra la crisi di oggi e la crisi di Otto-Novecento, all’apice della potenza scientifica europea, con la seconda rivoluzione industriale e la prima globalizzazione: “Fu una crisi da successo. Come dice Pietro: “L’Europa non riuscì a governare i frutti del suo rapporto privilegiato con la scienza” (vol. 4, p. XI). Da quella vetta cominciò il grande turbamento, che poi sfociò nell’irrazionalismo, nelle dittature e nelle guerre. Non a caso la metà del quarto volume è dedicata alla storia della Germania, culla di quella rivoluzione scientifica e tecnologica. Oggi come allora la questione tedesca è il cuore del problema: quando la Germania esprime la sua potenza l’Europa rivela sua debolezza, e viceversa. Nel Novecento europeo emerge lo squilibrio tra Potenza a Saggezza. Potenza come capacità, prima di tutto scientifica e tecnologica, di trasformare il mondo. Saggezza intesa come capacità di regolare gli esiti e cogliere i frutti di tale trasformazione. Questo è l’ammonimento più attuale. Oggi si manifesta la massima divaricazione tra Potenza e Saggezza, tra sviluppo economico e sostenibilità del pianeta, tra produzione tecnologica della vita e responsabilità dell’umano, tra democrazia della rete e nuovi monopoli cognitivi, tra l’apertura del mondo e le guerra permanente. La risposta che propone Greco è lo sviluppo al massimo grado della democrazia della conoscenza, ma sa bene che non è una passeggiata su un prato fiorito. Ci sono asperità da superare, squilibri da capire e da combattere. La così detta società della conoscenza oggi alimenta i saperi della Potenza, ma non diffonde in pari misura i saperi della Saggezza, che sono pur sempre saperi, seppure diversi da quelli della scienza, li potremmo chiamare apprendimento sociale della conoscenza. Se non si ricompone la frattura, l’età della conoscenza continuerà a mostrare anche il rovescio della medaglia di un’età dell’ignoranza, come si vede nei nuovi irrazionalismi, nei fondamentalismi, nei razzismi, negli autoritarismi del nostro tempo. 
Quindi, non solo declino economico, non solo disunione tra i popoli, ma c’è qualcosa di più profondo, un ripiegamento dello spirito europeo, che si chiude in se stesso, teme lo straniero e gira le spalle al futuro. Mi domando se ci sia una correlazione, una coevoluzione direbbe Pietro, tra perdere la fiducia nel futuro e respingere in mare i migranti. Questi fuggono dalla guerra e dalla fame, attraversano sofferenze indicibili, e quando approdano, se approdano, nei loro volti si vede la fiducia nell’avvenire, proprio quella fiducia che sembra indebolita nel continente. L’Europa è oggetto di futuro per chi viene, ma non è soggetto di futuro per chi ci vive. Quando si perde la tensione verso l’avvenire viene a mancare anche il rapporto con il passato. È sintomatico il distacco dell’Europa dal Mediterraneo. Basti pensare ai nomi attribuiti alle missioni di controllo dei mari: la prima si chiamava Mare Nostrum, poi si è chiamata Frontex. Il Mediterraneo non è una frontiera, non è un limes, è l’origine della civiltà europea. E ce lo ricorda proprio la storia scientifica raccontata da Greco. In questo piccolo mare fiorisce la grande scienza ellenistica e approda, attraverso la via della Seta, la conoscenza indiana e cinese. Poi tutto confluisce nella preziosa traduzione e nel sincretismo degli Arabi, e sottolineo sincretismo pensando a oggi. Infine, la riscoperta della scienza antica in Italia per merito del figlio di un mercante pisano, il Fibonacci, e l’imperatore Federico II, massima espressione di quel crogiuolo di civiltà. La scienza si sviluppa nelle penisola in modo peculiare insieme alla letteratura con Dante e alle arti figurative con Brunelleschi, confluendo in quella visione integrale dell’uomo che fu il Rinascimento italiano. All’apice di questa storia Galilei, figlio dell’Umanesimo nell’interpretazione di Greco, consegna il testimone della scienza moderna dall’Italia all’Europa. Se oggi il tema cruciale è la frattura tra Potenza e Saggezza diventa ancora più attuale ripensare al ruolo originale che la civiltà italiana ha svolto nella storia della scienza europea, non solo per la connessione tra Mediterraneo e continente, ma soprattutto per la visione integrale e umana della conoscenza. La Saggezza come misura della Potenza trova una rappresentazione mirabile nel verso dantesco citato da Greco, è come raccogliere le briciole del “pane degli Angeli”.  In questo racconto c’è la responsabilità e il compito di noi italiani”.

In chiusura, Piero Angela ha riportato all’attenzione l’importanza delle connessioni, puntualizzando la differenza tra la conoscenza scientifica di base e la conoscenza applicata, ovvero la tecnologia. “Quello che manca nella nostra cultura”, ha detto “è la capacità di connettere le cose tra loro e soprattutto la capacità di capire come la cultura scientifica e quella tecnologica sono quelle che possono salvarci, oppure no. Ce la prendiamo con le tecnologie e con gli scienziati perché non siamo stati capaci di gestire questa macchina preziosissima che è la macchina della ricchezza. Abbiamo bisogno di una filosofia della tecnologia nella quale viviamo immersi e, come mi ha detto una volta il fisico Giuliano Toraldo di Francia: bisogna stare attenti a tutti i guai che può provocare la tecnologia e quindi bisogna fare in modo che ci siano delle tecnologie a misura d’uomo, ma è anche ora di fare degli uomini a misura di tecnologia”.

Piero Angela e Giuliano Toraldo di Francia
Pietro Greco

L’impresa dello scrittore, storico della scienza, filosofo, divulgatore e giornalista scientifico Pietro Greco, durata sei anni di scrittura e racchiusa in oltre duemila pagine, è nata dall’incontro di due menti un po’ ‘folli’, come hanno dichiarato lo stesso autore e l’editore Matteo Fago. Sono testi di storia della scienza, nei quali trovare la dimostrazione del ‘Teorema Greco’, riassunto dai relatori come: “La scienza è stata il collante dell’Europa”. Forse solo ‘Accollandoci’ l’impresa di leggere questi volumi e coltivando la conoscenza, possiamo aspirare a diventare cittadini e cittadine in grado di formare un’Europa connessa e consapevole della propria storia, non solo politica, ma anche scientifica, un’Europa a misura di tecnologia, e capace di uno sviluppo tecnologico a misura di tutti gli esseri viventi.