Buchmesse: Prendiluna

Buchmesse: Prendiluna

Ottobre 23, 2019 2 Di Marta Cerù

Prologo

Tutto cominciò con le gatte. Un gruppo di amiche che, nell’eterno dilemma tra cani e gatti, ha deciso di stare dalla parte felina. Un tempo ragazze, le gatte sono molto diverse tra loro. Un po’ come i gatti descritti da Stefano Benni nel suo “Prendiluna” (Feltrinelli Editore), la prima parola pescata dal mio ombrello in visita alla Frankfurt Buchmesse:

“I Diecimici erano
Hanta il rosso, gatto cacciatore e sessuomane
Nasone, filosofo e abile a mimetizzarsi
Sylvia gatta poetessa e acrobata
Dolores gattina seduttiva dagli occhi grigi
Gonzalo gattone irascibile e guerriero
Emily gatta bianca, solitaria e sofferente al mal d’auto
Cronopio grasso e dormiglione, figlio di Sancho
Raymond giocoso e rompiballe
Jorge gatto esoterico e telepatico, della stirpe di Durendal
Prufrock gatto mangione, sopravvissuto a molte catastrofi”.

Come i mici di Benni, le talentuose feline erano in fuga, anche loro tra i cervelli italiani dispersi in giro per il pianeta. Per mantenere l’unione a distanza, le gatte cominciarono a scambiarsi pezzi di vita reale, servendosi di un ormai vintage gruppo yahoo: un salotto virtuale dal nome ‘gattedapelare’. Tra le gatte ci sono arrivata anche io, mi hanno raccolta per strada, a un certo punto della loro e mia storia. Hanno capito, ancor prima di me, come avessi perso me stessa nell’universo di un marito addestratore di cani. Pur se ultima arrivata, mi hanno fatta sentire a casa, perché anche una rete intessuta tra donne può essere casa, se ti trovi in balia delle onde lontana da terra.

Il libro di Benni, presentato nella traduzione in tedesco (Casa Editrice Klaus Wagenbach) alla Buchmesse di Francoforte, è il prologo perfetto alle cronache di un’avventura intorno al mondo: nel romanzo fiabesco una vecchia maestra di nome Prendiluna parte con una valigia in cui ha dieci gatti da assegnare a dieci giusti sul pianeta, ne va della fine del mondo; nella mia vita di acchiappaparole, ho esplorato da profana e in soli tre giorni la fiera dei libri più grande del mondo e qui proverò a cercare il senso del diluvio di parole che mi sono piovute addosso.

Tutto cominciò con le gatte, dicevo, perché sono loro che mi hanno fatta arrivare dove non sapevo nemmeno di voler andare. O meglio lo sognavo, ma era uno di quei sogni che si dimenticano al risveglio e ti lasciano quel senso di sospensione tipico delle giornate nelle quali pensi dalla mattina alla sera, “ma cosa ho dimenticato di fare?”, non capendo che hai forse dimenticato di essere. Era uno di quei sogni sognati da tutte per una e una per tutte, quel sogno felino. E anche in questo senso, il fantastico mondo di Benni in Prendiluna mi viene in aiuto. Il capitolo ‘La fuga’ comincia così:
“Dopo lunghi studi, posso dire che esistono diversi tipi di sogni profetici.
Il primo, il Prosogno, è quando una persona cara ti viene in aiuto per darti i numeri del lotto, o consigliarti sulla tinta di capelli, o per segnalarti il nome di qualcuno che è innamorato di te. Ma non è infallibile, ci sono le interferenze degli Onirospi, spiriti dispettosi che inquinano i sogni, e allora i numeri non escono, la tinta fa schifo e la persona che dovrebbe essere innamorata dice: ‘Io e te insieme? Ma te lo sogni!’.
Il secondo (Bis-sogno) è quando due persone si sognano l’un l’altra, ma con trame diverse. Ad esempio il marito sogna che la moglie lo tradisce con il suo migliore amico, mentre la moglie sogna che il marito la tradisce col suo migliore amico. Non ha significato profetico, ma allarmistico, e genera quasi sempre litigi.
Poi c’è il Trisogno. Tre persone fanno un sogno al novantanove per cento identico. In questi casi il sogno contiene senz’altro un’indicazione e una profezia. Poi esistono i Polisogni, i Pan-sogniSilberer e il sogno Matrioska. Ma ancora li sto studiando, e sogno di decifrarli appena sarò uscito dal manicomio. – CORNELIUS NOON, Libro dei labirinti onirici”

Ebbene, grazie a un Polisogno felino, ‘nel mezzo del cammin’ di una notte estiva, le amiche gatte mi hanno consegnato gli ingressi per la Frankfurt Buchmesse. E con essi il biglietto di un volo, che ho affrontato aggrappata a un ombrello, anziché in sella a una scopa. Al ritorno, carica di parole e di libri, pensavo tra le nuvole che la fiera è unica al mondo, o meglio il mondo lo contiene proprio tutto in quella babele di borghesiana memoria: un mondo di carta, di segni stampati, di parole volanti nelle lingue più varie, un mondo di volti, assorti o sorridenti, intenti a leggere o a scambiarsi diritti e doveri, a parlare o ascoltare, a vagare indifferenti al percorso o a curiosare secondo un preciso disegno. C’è poi il mondo degli amici celati dietro le copertine dei libri che hanno scritto, un mondo perfetto per chi si aggira tra i padiglioni con l’animo del lettore e coglie il richiamo delle loro parole. Perché in questa confusione ordinata, (messe in tedesco risuona come ‘mess’ in inglese, ovvero disordine, macello, confusione, parapiglia, disastro), in questo brulichio di idee e di parole, in questo guazzabuglio di umanità in maschera, sono i libri che ti chiamano e ti scelgono, non tu a cercare loro. È un po’ come in tutte le fiere dei libri, riflettevo all’uscita, ma qui molto ma molto di più, ché le distrazioni sono tantissime, girano esseri provenienti da ogni dove. Non ultimi gli attori dell’universo chiamato Cosplay, dalla parola giapponese Cosplay (コスプレ kosupure), formata da Costume e Play, ovvero giocare a travestirsi. Sono esseri in costume, che si ispirano ai personaggi dei fumetti manga giapponesi o dei videogiochi e delle serie letterarie o televisive più in voga. Non è chiaro il motivo, ma anche loro si aggirano per la fiera, nell’agorà all’aperto o tra gli stand di fumetti e libri animati. Sirene sotto mentite spoglie, catturano l’attenzione e ti inducono a deviare dalle tue rotte, se non resisti all’incanto, rimanendo al timone e riconoscendo quei libri che chiamano proprio il tuo nome, quelli dove ti riconosci, come in uno specchio.

Da gatta in missione, mi sono specchiata nella copertina del libro di Benni: una vecchia circondata da dieci gatti che conversa con un gatto fantasma, inondata dal chiaro di luna. Dopotutto è merito di sette gatte se la mia cronaca di tre giorni alla Buchmesse comincia dal libro che mi ha scelta e accolta come un ritorno a casa, regalandomi la parola Libertà, direttamente dalla voce dell’autore. E chi meglio di lui poteva incarnare una parola così importante? La sua scrittura è libera da qualsiasi etichetta e condizionamento, la sua voce di scrittore è inimitabile e insostituibile, e le sue storie hanno formato una generazione di adepti che riconoscono nella follia la chiave per rimanere liberi. Benni era invitato a dialogare con Luigi Reitani (professore di Letteratura Tedesca all’Università di Udine e direttore dell’Istituto di Cultura Italiana a Berlino), nella Piazza Italia della fiera, uno spazio al centro del padiglione internazionale, dove autori italiani tradotti nella lingua teutonica incontrano il pubblico tedesco. Per me Piazza Italia è stata un’oasi-casa, dove sono passata varie volte, per tornare coi piedi nella terra della lingua materna. Un salotto riservato e protetto, dove incontrare quegli scrittori come Stefano Benni o Gianrico Carofiglio, che in Italia fatichi ad avvicinare perché ormai assediati da centinaia di fan, ma qui più accessibili, nell’intimo spazio della lingua italiana. Un luogo dove ho scoperto un giovanissimo scrittore, come Nicola H. Cosentino, al suo secondo libro, uscito anche in tedesco. Da lui ho catturato parole semplici ma importanti, come Casa per esempio, o Heimat nel senso diPatria o Father Land, parole che usa con gentilezza quando scrive storie piccole, belle perché vere, che potrebbero essere la storia di ognuno di noi. Anche lui è un cervello in fuga, in un certo senso, ma è ben radicato nella sua città di origine, alla quale si riferisce come casa, anche se non sa bene se ci torna o ci vive. Di lui parlerò grazie alla parola Distopia, che mi ha regalato spiegandomi cosa voglia dire fare una ricerca sulle distopie contemporanee.

Tornando a Benni, il suo romanzo fiabesco narra di una vecchia, forse una strega mascherata da insegnante in pensione, che deve salvare il mondo. Ma questo mondo deve davvero essere salvato? A questa domanda Benni risponde così: “Questo mondo non deve essere salvato, viene salvato ogni giorno da persone sconosciute ai più, che tutti i giorni fanno qualcosa di piccolo ma prezioso”. Come le insegnanti, per esempio. E continua: “In Italia nell’ultimo ventennio i verbi insegnare e imparare sono stati sostituiti dai verbi fornire dati e informarsi. Ma un paese dove non si insegna e non si impara più, perde fatalmente la sua intelligenza. Ho scritto questa storia in un momento della mia vita nel quale ho perso tre maestri. Forse per questo ho scelto come protagonista una vecchia signora che ha fatto l’insegnante tutta la vita. E che si trova a dover compiere un viaggio per scoprire cosa sono diventati i suoi ex scolari e le sue ex scolare. Ha bisogno del loro aiuto, soprattutto di quelli che le vogliono ancora bene e che sono i più sofferenti. Si rende conto che proprio due di loro, Dolcino e Michele, hanno un grande senso di giustizia e possono aiutarla a trovare dieci giusti ai quali affidare i dieci gatti. Il libro ha momenti di puro delirio. La vecchietta ha i gatti in valigia e chiede a ognuno qual è l’azione più brutta che ha fatto. Cerca persone che hanno sbagliato. Perché i giusti sono persone imperfette. Il perfetto non può migliorarsi. E la presunta perfezione di Dio si rivela uno scandalo”.

Le mie amiche gatte sono tutte insegnanti di vita, oltreché di fisica, di matematica, di storia dell’arte o disegno, di arte della sopravvivenza in un mondo strutturato per ostacolare la missione femminile. Vivono tante vite quante sono le relazioni che intessono, sicuramente ognuna un pezzo di vita di ogni altra. Eppure sono molto diverse tra loro: Riccioli d’oro si esprime nella lingua di Dante e suona il piano con la stessa passione segreta con la quale discerne l’infinita microscopia della materia; la Roshhhha invece ha i capelli corvini, è maestra di disegno e di vita, e dipinge con timbro di tromba la policromia dei sentimenti femminili; la Gatta Super, Superwoman, Supermultitasking, Superubiqua, Supersportiva, è sempreprontalballoanniottanta, anche in balia di venti, tempeste, nuvole a ciel sereno e bombe d’acqua, che non la distolgono da figli, nipoti, nonni, nonne, zii, zie, fratelli, sorelle, nonché gatte da sostenere o recuperare; la Sirena, ricercatrice del profondo blu, è approdata su questa terra per mediare il dialogo a prescindere; la Ballerina del ventre, dal passato darkeggiante, si è per sbaglio o per desiderio specializzata nello studio delle crepe terrestri e umane e dei loro smottamenti improvvisi; la Danzatrice teutonica, creatura eterea, delicata e forte, unisce leggerezza e sensualità ed è capace di mediare tra mondi e lingue all’apparenza inconciliabili; la Mamma Gatta, Architetta degli affetti a prescindere, è un’allegra compagna di viaggio, fedele sostenitrice delle strutture dove abitare, le cosiddette case, ma anche le fila invisibili chiamate relazioni, tra donne, mariti, figli e amici.

Nessuna è del tutto buona e per questo sono tutte giuste. “Un giusto non è mai del tutto buono, ognuno di noi ha commesso un delitto”, scrive Benni per bocca della vecchia Prendiluna. E questa frase è la colla che dà senso alle parole acchiappate in un aggroviglio di incontri, solo in apparenza casuali. Nessuna è buona, ma tutte sono giuste: Traduzione, per esempio, è all’origine della Buchmesse, come Acqua è all’origine della vita che conosciamo e interpretiamo. Le Api di Maja Lunde, raccontano una storia che è metafora delle sorti nostre e del pianeta che abbiamo voluto stravolgere, e l’Antropocene, cioè l’era della specie umana, è stato il tema della Buchmesse, in tutte le declinazioni possibili. Water Family, definita dalla scrittrice turca Elif Shafak, è la famiglia che ci scegliamo, quella degli amici, senza la quale diventiamo aridi, ci essicchiamo e ci perdiamo in un cimitero di numeri. Heimat è la Father Land in tedesco, mentre Casa può essere quella da dove si parte, dove si torna e/o dove si vive…. E ancora Distopia, Utopia, Aragosta, e la misteriosa parola composita Weltempfang… (continua…)

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