StraVagante – Futuro

StraVagante – Futuro

Settembre 10, 2021 0 Di Marta Cerù

Prima del due viene l’uno, ma prima ancora c’è la linea, la prima linea. È da lì che resiste Veronica Olmi, direttrice artistica e folle ideatrice di un Festival StraVagante, che da quella linea si muove inevitabile verso il Futuro. C’è la prima linea sul foglio, che diventa disegno, c’è la prima linea di cinque, un pentagramma sul quale si addensano note, c’è la prima linea del segno, preludio della scrittura. 

Cominciata all’alba, la giornata di oggi è stata più densa di ieri. D’altra parte è così che si muove la vita, addensando attimi di azioni e reazioni, trasformando emozioni in sentimenti, memoria in parole per dirla, tante parole per raccontare una storia. La storia di oggi ha ripreso dalla fine di ieri, da Bach e dalle Suite n. 1, n. 3 e n. 6. Paolo Andriotti le ha eseguite al nascere del sole, con il suo violoncello del 1850 circa. Il pubblico c’era, pochi folli ma buoni, ‘Bachiani’ convinti e mattinieri. Sono quelli che si alzano all’alba, perché sanno che il risveglio con le note del sole è la bussola adatta a orientare il futuro. 

Al Futuro guarda l’organizzazione di StraVagante, punta dritta a coloro che saranno in grado di crearlo, i bambini, e le bambine, i giovani e le giovani in formazione. In questa seconda giornata, la parola risveglio me la regala Guido Balbo di Vivadio, uno degli spettatori del concerto all’alba, seguace assieme agli amici in ascolto, di un unico maestro, il violoncello. Lo strumento che abbraccia lasciandosi abbracciare, che ricama l’aria con un timbro musicale capace di evocare la parola Pace. Pace che aneliamo, in questo mondo dilaniato. Pace, parola vibrante regalatami all’unisono da Leonardo Notarangelo e Luigi Visco, due dei pochi ma buoni, arrivati a onorare il primo evento del secondo giorno StraVagante. Tra il pubblico ci sono cinque violoncellisti e una violinista, Leonardo Natarangelo studia a Salisburgo, Luigi Visco è allievo di quel mostro sacro che è Giovanni Sollima. “Non credere. Ora studio con Sollima”, mi racconta Luigi, “ma il percorso è stato lastricato di bastonate, però zaino in spalla, anzi violoncello… e tanto tanto studio”. Leonardo Petracci, anche lui giovanissimo musicista, mi regala la parola leggerezza. Ci ha pensato un po’, per sottrarla agli occhi ancora pesanti del sonno. 

Leonardo Notarangelo

Alla Calvino, faccio io? E i suoi occhi si illuminano. “Che poi a pensarci bene, anche le Lezioni Americane erano sei”, mi fa lui, “come le Suite di Bach. Anzi no, dovevano essere sei. Per il nuovo millennio…” I ragazzi se le ricordano quasi tutte a memoria, le parole di Italo Calvino, per quella sua opera ultima (Lezioni Americane per gli Oscar Mondadori): Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità (la sesta avrebbe dovuto essere Consistenza ma Calvino non ebbe il tempo di scriverla. Ci lasciò prima). “Sei parole che dovrebbero informare non soltanto gli scrittori, ma ogni gesto della nostra sciatta, svagata esistenza”, scriveva l’autore nel preambolo a quelle future lezioni.

E come? Come risvegliare a queste parole? Come aprire gli occhi sul senso della leggerezza, quella che si raggiunge per sottrazione dalla pesantezza?

Forse tornando tutti a guardare il mondo con lo sguardo dei bambini. Quello della meraviglia. La parola me la regala Andrea Satta, a fine giornata, dopo il concerto dei suoi Têtes de Bois, un inno alla vita su due ruote, intitolato “GoodBike” (un successo da sold out/tutto esaurito). Anche questa performance guarda al futuro. Un futuro che torna al passato rotolando su due ruote. Le due ruote sulle quali Alfonsina Strada percorse il giro d’Italia nel 1924, fingendosi maschio, ché a quel tempo le donne non potevano gareggiare, né tantomeno votare. La canzone dedicata ad Alfonsina, “che si strinse in una blusa per sembrare meno femmina possibile”, racconta con ritmo incalzante la storia di tante che hanno aperto la strada, una donna che “arriverà comunque vada”. Un pò come i Têtes de Bois che, pioggia o sereno, comunque vada, partiranno da Roma, destinazione Spello e poi Arcevia, per tracciare la linea dei Paesaggi del Festival con le due ruote delle loro biciclette. E con le loro parole: respiro, dono del chitarrista Stefano Ciuffi, armonia regalo del pianista Angelo Pelini, grazie lanciata dal trombettista Luca De Carlo tra una canzone e l’altra, e Avanti Pop ritmata dal bassista Carlo Amato.

Di “AVANTI POP, i diari del camioncino”, il “viaggio dei Têtes de Bois nell’Italia del lavoro”, scriverò a tempo debito. Da una fine a un inizio, ritorno ora alla parola Futuro, perché moltissimi degli eventi di questo Festival StraVagante includono il mondo dei bambini, dei giovanissimi. D’altra parte la sezione romana si svolge negli stessi spazi dove il team di attori/educatori organizza da anni i centri estivi intitolati “Teatro è Natura”. Centinaia di bambini trascorrono le loro estati in questo contesto, tra natura e arte, gioco e spettacolo, colori, soprattutto colori, una parola che mi dona Cecilia, cuore che batte al ritmo del suo strumento, la batteria, dietro la puntuale organizzazione del Teatro Villa Pamphilj, scrigno di tanti linguaggi. Cecilia Sanchietti è impegnata a tempo pieno dietro le quinte dell’organizzazione di questo luogo temporale, ma è anche batterista e mi rivela l’uscita di un nuovo disco “Postcard from Gamla Stan”, in cui ascoltarla suonare le sue composizioni, assieme ai musicisti svedesi Anna Lundqvist (voce), Linus Lindblom (sax tenore), Simon Westman (piano), Josef Kallerdahl (contrabbasso).

Ai bambini era dedicato oggi lo spettacolo VianDante, in scena dal teatrino in bicicletta, ideato da Fernanda Pessolano-Associazione TiconZero. La regista ha fondato la Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza, unica biblioteca in Europa specializzata in bicicletta e ciclismo, e lavora sul territorio creando percorsi di Arte e Natura, nel suo progetto intitolato Archeologia Naturale. Domani allestirà un percorso lungo il quale si esibiranno danzatori e artisti. Oggi invece ospita nel suo palco a due ruote lo spettacolo che racconta la Divina Commedia ai bambini. La voce in scena prestata ai poeti Dante e Virgilio e a Beatrice, Caronte, Cerbero, Cacciaguai, è quell’a dell’attrice Caterina Acampora, accompagnata alla chitarra classica da Enrico Cresci. La loro parola è luce, quella che vede Dante alla fine del suo viaggio, e quella che colgo nei volti dei bambini che a fine spettacolo vanno a fare domande, a chiedere spiegazioni all’attrice VianDante.

Viandanti siamo un po’ tutti, un attimo in vita, l’attimo dopo non più. Tracciamo un percorso, una linea segmento tra due punti, un inizio e una fine inevitabile. La parola inevitabile, che fa rima con inesorabile o ineluttabile, mi arriva sfuggente da Valeriano Solfiti, attore, regista, drammaturgo e formatore, con in testa il pallino dell’entropia. Entropia che aumenta, aumenta, aumenta, come il disordine, più probabile dell’ordine. Valeriano è uno degli ideatori di Effetto Joule, un’idea di teatro che si ispira alla scienza, in particolare alla fisica, per creare spettacoli come quelli delle rassegne Science Fiction e Fisici da Spiaggia. “In un generico elemento circuitale in cui confluisce una corrente I e ai cui capi vi è una differenza di potenziale pari a V la potenza elettrica (P) fornita: P=VI viene trasformata in energia termica o in altre forme di energia. Ispirandosi a questo principio, EffettoJoule persegue produzione di spettacoli, formazione, divulgazione culturale e creazione di comunità”.

Ci muoviamo inevitabili sul pianeta che un tempo era verde. Riusciremo a invertire la freccia del tempo, colorando di nuovo di verde la Terra? Me lo chiedo ascoltando Manuel, che mi regala proprio quel colore, lui che fa l’educatore nelle scuole e nei centri di aggregazione romani. Sarà verde il futuro dietro l’angolo, a dispetto del Green che oggi divide? Ce lo diranno i pennelli, di Eva e Alida, intente a creare oggetti volanti sui Dieci metri di paesaggio su tela. Assieme a Lorenzo Terranera, hanno tracciato linee per disegnare mongolfiere, ufo, bici che volano sospese a palloncini, nuvole e uccellini. Saranno i bambini a riempire le forme di colore. La parola pennello è nelle loro mani, perfetta per creare e colorare il futuro in tutte le sfumature di verde. E oltre l’orizzonte intravedere il “blu dipinto di blu”….