StraVagante – Filo

StraVagante – Filo

Settembre 18, 2021 2 Di Marta Cerù

La parola filo si srotola lungo le stradine di Spello, come da un gomitolo rotolante tra i vicoli colorati di fiori. È un filo che arriva da Roma, passa attraverso le bici degli artisti ciclisti, preceduti dal Teatro Verde a Motore, in viaggio anch’esso tra i paesaggi laziali, umbri e marchigiani. È il filo che lega i tre ideatori del Festival StraVagante e infatti la parola me la regala Beatrice Ripoli, direttrice artistica del Centro di Produzione Teatrale Fontemaggiore, un polo umbro che si proclama come “organismo con vocazione territoriale regionale che si occupa della produzione e della diffusione della nuova drammaturgia, su tutto il territorio nazionale”.

Beatrice la conosco a Spello e mi spiega che per lei c’è un filo che unisce percorsi e realtà diverse, un filo di legami intessuti con tutte le persone dietro a questa idea di un festival itinerante, che si svolge in contemporanea in tre regioni del centro Italia. D’altra parte Veronica Olmi (direttrice artistica del Teatro Verde e Teatro Villa Pamphilj), mi aveva regalato la parola legami e Simone Guerro (direttore artistico della realtà teatrale marchigiana Associazione Teatro Giovani e Teatro Pirata), il concetto diversità. “C’è un filo, anzi tanti fili di colori diversi, che si uniscono, si intrecciano, creano legami, ricamano tele di parole e disegni, eventi artistici che impollinano il centro Italia, grazie al Festival dei Paesaggi, che ha reso la parola StraVagante un motto di resistenza all’avanzata del grigio”: È questo il disegno che emerge, esplorando l’universo che tre visionari hanno voluto creare, insieme a un manipolo di amanti della bicicletta, come simbolo di sostenibilità, come talismano di felicità. È una festa, mi dice Elisa Piselli dietro alle quinte dell’ufficio stampa di Fontemaggiore. Assieme a lei conosco l’attrice Valentina Renzulli, e il suo spettacolo concerto con incursioni teatrali intitolato “Una bici tutta per sé”. Lei mi regala la parola rotolante, come il gomitolo rotolante o come una festa rotolante a due ruote. La felicità è garantita per chi si unisce anche strada facendo.

La guida cicloturistica Mauro Fumagalli si è unito al progetto dalle Marche, “vi vengo incontro” ha detto ai ciclisti che arrivavano a Bevagna e li ha raggiunti per pedalare con loro e tornare insieme a Spello. L’ho incontrato e mi ha parlato delle “strade zitte”, quelle dove non senti i rumori, quelle nascoste, spesso abbandonate, ideali per il cicloturismo. Lui ha creato una mappatura di percorsi, nelle Marche e in Umbria, con la sua Agenzia Marche Bike Life, e ha potuto così dare nuova vita a tanti posti che sarebbero rimasti sconosciuti. “Sono arrivato a Jesi dal Sud America, dove ero andato vivere e facevo la guida ciclistica”, mi racconta, “ho trovato una città pianeggiante, sul mare, perfetta per la bici eppure piena di traffico automobilistico”. Spinto dalla sua esperienza di guida ciclistica, ha creato un’agenzia per educare alla bicicletta, formando gruppi di cultori della mobilità su due ruote, che diventassero contaminatori o ancora meglio impollinatori.

L’arrivo degli artisti ciclisti a Spello è stato celebrato dalla banda e dal coro, nonché da un pubblico di grandi e bambini, spettatori di tutte le età, che durante il pomeriggio avevano ascoltato le storie della compagnia del Teatro Verde a Motore, avevano assistito alla performance in divenire dei due artisti di teatro da circo Simon Luca Barboni e Mirco Buzzesi (Compagnia L’Abile Teatro), intitolata “Legami”, si erano lasciati affascinare dalla storia di formazione del ragazzino Torsolo, dal teatro dei burattini di Marco Lucci e il suo Laborincolo. Marco mi ha regalato la parola legno, come la materia dalla quale prendono vita le meraviglie del suo teatrino, creature animate grazie all’estro del burattinaio nascosto dietro ai drappi. Lui c’è ma non si vede e i suoi burattini hanno una vita, che nasce dal legno e arriva a suscitare emozioni. Simon Luca e Mirco mi hanno invece regalato le parole equilibrio e fisico e in effetti il loro Work in Progress con le corde di canapa intessute a mano che provengono da Jesi è un lavoro per riportare alla luce la storia di una produzione della città marina, quella delle corde, alla base dell’economia del passato. “La corda veniva fabbricata per utilizzarla nei cantieri navali, ma anche per le impiccagioni”, mi spiegano. E quindi ha in sé questa duplice natura, può dare la morte o dare lavoro e quindi sostentamento e vita. Il tema del doppio fa parte anche dello spettacolo dei due artisti di strada, dal contrasto nasce l’equilibrio, come a dire che da posizioni diverse, creando legami e dialogo si può arrivare a un punto di incontro.

Tutto è in equilibrio per questa giornata di incontri a Spello, un equilibrio instabile, a causa delle previsioni di pioggia e temporali, che minacciano minacciano, ma per fortuna non arrivano. E così ci si rende conto della vera magia di un festival itinerante, che è la flessibilità, la capacità di galleggiare tra le onde alte, dovuta alla leggerezza e all’esercizio del bilanciamento, di pesi e di forze. Si srotolano i Dieci Metri di Paesaggio su Tela (opera di Lorenzo Terranera e dei bambini romani e umbri) nel cortile della Chiesa di Sant’Andrea a Spello, e ci si stende tra terra e cielo, si apre e si monta il Teatro Verde a Motore e poi ci si trova a dover coprire amplificatori, casse, apparati elettronici, oggetti di scena, per le gocce che cadono, poi smettono, poi ricadono, un continuo oscillare tra la terra e il cielo nell’attesa che arrivi il pubblico, con o senza ombrello. Ma soprattutto nell’attesa che arrivino i ciclisti, gli artisti indomiti che hanno percorso novanta chilometri da Terni a Foligno a Spello. Sono loro, guidati da Andrea Satta e i suoi Têtes de Bois, le prime donne e i protagonisti StraVaganti dell’idea di questo Festival dei Paesaggi, perché è su due ruote che si vede anche l’impossibile, che si pratica l’equilibrio, che si coltivano semi di felicità e di resistenza.

Le parole dei ciclisti sono tante, ma tra tutte scelgo un nome, Michele, perché è in suo onore che è nata la Fondazione Michele Scarponi ONLUS, che crea e finanzia “progetti che hanno come fine l’educazione al corretto comportamento stradale,  a una cultura del rispetto delle regole e dell’altro”. L’intento è quello di curarsi delle strade e della mobilità dei più deboli. Michele Scarponi è stato un grande ciclista, vincitore del Giro d’Italia nel 2011, capace di dimostrare la sua forza d’animo e il suo spirito di squadra, mettendo il piede a terra in un momento cruciale del giro d’Italia 2016, per aiutare il suo capitano Vincenzo Nibali, e lasciare che fosse lui a indossare la maglia rosa.

Lo racconta suo fratello Marco Scarponi, che con le lacrime narra della morte ingiusta, precoce e assurda, di Michele, ragazzo e ciclista, ucciso all’uscita da casa, investito da un furgone a un incrocio e morto sul colpo. Da un lutto insanabile nasce in Marco l’idea della fondazione a difesa dei più deboli sulle strade, che non possono e non devono essere solo delle macchine, specialmente in città, specialmente nei paesi, dove in un mondo ideale sarebbe molto più sostenibile e meno violento potersi muovere a piedi o in bicicletta.

Si legge sulle pagine della Fondazione: “Michele è vita, tanta vita. Michele è un bambino veloce come il vento che gioca con i cugini. Michele è un piccolo ciclista che sta per prendere parte alla prima gara mentre la mamma gli attacca il numero sulla maglia. Michele è un ragazzo che sogna di vincere il Giro d’Italia. Michele si allena ogni giorno e ogni giorno cresce. Michele è un campione. Un capitano e un gregario. Un uomo-squadra. Michele è il gruppo.  Michele sa prendere il ciclismo con un sorriso, Michele è un amico prima di essere un ciclista e ha una battuta per tutti. Michele sa mettere a suo agio ogni tifoso. Michele c’è per tutti. Michele è determinato. Quando la strada sale verso Hungerburg, la collinetta sopra Innsbruck, Michele innesta il rapportone, mette in fila i rivali e apre le ali. Michele è un’aquila. Michele non si passa. Michele vince. Michele è tra noi. E’ un padre, un marito, un figlio, un fratello che ritorna a casa ogni giorno in bicicletta dopo aver messo il piede a terra a pochi chilometri dalla vittoria per aiutare una squadra a vincere. Michele è davanti a noi. Pedala sulle colline di un futuro migliore, dove nessuno morirà più sulla strada”.

Michele è con noi, a Spello, per continuare verso Arcevia, ovunque arriva la voce di suo fratello Marco che ne porta il testimone, sulla sua bici, pur non essendo ciclista. Grazie Marco e Michele, esperti dell’arte di resistere, insieme, parte di una comunità di indomiti sognatori di un futuro migliore. Lo immagino ricco delle parole che mi hanno regalato i ciclisti e le cicliste a fine serata, dopo una cena, stanchi ma ancora pieni di entusiasmo e di ironia:  Scorrere, Campari, Solidarietà, Bellezza, Rotonda, Sinergia, Giornata Fantastica, Amicizia, Entusiasmante… La bicicletta è tanti numeri (anche di teatro), o meglio ancora è tante parole!