Velina

Velina

Dicembre 5, 2021 1 Di Marta Cerù

Inizia Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria romana riapre, rinasce, finalmente si torna nella Nuvola in presenza, a incontrare autori, editori, lettori, all’insegna della parola Libertà. Non ancora liberi da un virus che ci ha costretti a tante limitazioni, ma sicuramente più consapevoli del valore di un evento che ci riporta all’ascolto di noi e dell’altro attraverso la parola scritta, le immagini e i disegni.  

Oggi il mio volo nel cielo di Plpl2021 è cominciato dalla parola velina, da quello strato di carta, opaco, di colore bianco appena trasparente, a volte  usato per avvolgere un regalo, a volte un libro, per proteggerlo, coprendo e scoprendo la copertina in un gioco tra la luce e l’ombra. Velina come piccola vela, come il tessuto di quella mongolfiera, diventata il simbolo a forma di nuvola della Fiera Plpl, che rinasce dalle ceneri della chiusura forzata dello scorso anno. Chiusa per pandemia, aperta come centro vaccini covid, negli scorsi mesi la nuvola di Fuksas ha visto flussi di persone entrare e uscire senza tante parole. Ma oggi, sabato 4 dicembre 2021, è il giorno della resurrezione, parola che mi regala la scrittrice Eugenia Rico, prima della presentazione del suo nuovo romanzo “L’età segreta” (Casa editrice Elliot). E in effetti Plpl rappresenta una vera resurrezione, per tutti coloro che credono nel valore della pagina di un libro come strumento di liberazione, di crescita, di consapevolezza, di conoscenza di sé e del mondo, di cambio di prospettiva, di abbattimento di confini e di muri, in una parola di possibilità di liberarsi!

Mi sono lasciata guidare dalla parola velina, un po’ come se mi fossi imbarcata su una barca a vela e avessi assecondato il vento che, dalle rive di un lago mi portava a decollare nel cestello di una mongolfiera. Un modo come un altro per abbassare lo sguardo, e soffermarmi a esplorare quanto siamo cambiati in questi due anni. La parola vento me la regalano gli amici di Chiara Vitucci, Federico e Valeria, appena arrivati in volo e pronti a seguire il vento che spira in questa prima giornata. Mentre di nuove prospettive parlavo con l’amico e scrittore Andrea Mauri, emergendo dal buio di un evento sulla lettura da ebook, lettura ad alta voce per persone ipovedenti. È l’evento con il quale ho chiuso la mia prima giornata di immersione, intitolato “Reading al buio” a cura della Fondazione LIA, grazie alla quale ho ascoltato la scrittrice Giulia Caminito e la lettrice e traduttrice Clara Ori leggere brani di “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani), romanzo Premio Campiello della Caminito, ambientato sul lago di Bracciano. In ascolto, al buio, ho avuto l’opportunità di spostare il mio punto di vista sull’oggetto libro, mettendomi nei panni di coloro che lo vivono senza poter vedere le parole, delle quali si pongono in ascolto attraverso il tatto o l’udito. Clara Ori leggeva da una barretta digitale in braille e ha introdotto gli ascoltatori alle voci di Luca, ovvero la sintesi vocale che accompagna i nostri viaggi in treno, per esempio annunciando fermate o possibili ritardi. Per gli ipovedenti, Luca o è l’ausilio dell’ebook digitale, la voce da rallentare o velocizzare, mentre si legge attraverso l’ascolto. Uscendo dal buio di quella piccola sala mi sono sentita piena di luce, mentre parlavo con Andrea di come essere qui, a Dicembre 2021, ci stia permettendo di osservarci da una prospettiva diversa e trovarci cambiati, alleggeriti da tutte quelle ansie da prestazione, da efficienza, da numeri di libri venduti, più capaci di seguire un ritmo personale, ognuno il suo, a partire dalla lettura. Se poi si arriva alla scrittura tanto meglio, ma l’importante è leggere, per sentire il vento a favore e navigare nel mondo che cambia, con o senza di noi.  

Per questo le mie cronache avranno un ritmo più rilassato quest’anno. Arriverò a cucire le parole di ogni giornata senza fretta, pescandole dal mio ombrello una per una per ringraziare chi me le ha donate, con il giusto passo. Forse questo mi aiuterà a superare quel senso di panico che ci prende quando siamo chiamati all’appello, ad avventurarci nella nostra missione, quale che sia. Come fa Michele Rech, in arte Zerocalcare, nello stand di Bao Publishing, dove è intento a disegnare per i suoi fan, attento a ogni piccolo dettaglio delle storie che magistralmente illustra e racconta. La sua generosità traspare dal minuto che si prende per donarmi la sua parola: panico appunto. Grazie Zero per come riesci ad accorciare distanze e a farci sentire tutti meno soli!

La prima novità di questa vita rinata in presenza è il magnifico e accogliente Auditorium in cima alla Nuvola. Ci arrivo a passi lenti, in fila con calma, per ascoltare una lezione intitolata “Elogio dell’ombra“, del designer italiano Riccardo Falcinelli. Il titolo evoca per me il grandissimo Borges e la sua interpretazione poetica dell’ombra, ma il libro al quale è dedicata questa lezione è invece del giapponese Jun’ichiro Tanizaki e si intitola in italiano “Libro d’ombra” edito da Bompiani. “Ve ne parlo perché è un libro che mi ha liberato”, racconta Falcinelli mostrandoci l’immagine del “Vecchio pruno”, dipinto sulle porte scorrevoli del tempio di Kioto in Giappone, ora conservato ed esibito al Metropolitan Museo di New York. Un dipinto che lì, nel museo, è illuminato da una luce elettrica standard, come in ogni museo, mentre invece, le pareti dipinte su un fondo di lamine d’oro, che rappresentano un pruno e i suoi rami fioriti, nascevano per farne esperienza alla luce vibrante delle candele.

E questo è il tema centrale del libro giapponese, quanto l’elettricità abbia introdotto un tipo di illuminazione standard rispetto al passato quando le opere d’arte erano pensate per essere viste dalla luce vibrante di candele, o lampade a gas, grazie alle quali per esempio le scaglie d’oro dei tatami giapponesi sfavillavano.

C’è una luce di luce e una luce di ombra. Che forma hanno le ombre? Hanno colore? Come sono concepite, interpretate, utilizzate, osservate, in culture diverse, a partire dall’arte figurativa, per arrivare all’invenzione della fotografia e del cinema definito come ‘ombre elettriche’. Mentre ascolto la colloquiale storia di come una diversa concezione dell’ombra traspaia dall’arte occidentale, in cui le ombre formano le cose, e da quella orientale, per cui le ombre sono una proprietà dell’aria, della stanza, non degli oggetti, ricordo la parola velina, come carta velina. E penso alle ombre che avvolgono o che formano come strati di carta velina, attraverso i quali guardare per intuire, interpretare, senza per forza avere chiaro il quadro della storia, di quello che andremo a scoprire sfogliando strati di veline di spessori diversi, che non sono altro che le pagine del libro che abbiamo ancora da scrivere, quello che ci rende consapevoli di chi siamo, che ci riflette, che ci racconta attraverso il percorso di una vita. Pensiamo a volte che sia importante arrivare a scoprire l’ultima velina, come se ci fosse un punto d’arrivo e quello fosse l’importante. Ma non è forse vero che non esiste l’ultima velina, è un continuo sfogliare, spogliarsi, illuminare e accorgersi di nuove ombre, che sfumano, o che avvolgono chi siamo al punto da nasconderci quasi del tutto? È in questo senso che l’importanza al dettaglio della luce di cui parla Falcinetti risuona con l’esperienza di liberazione attraverso la lettura, una continua scoperta di chi siamo, tra le pagine dei libri che leggiamo e che ci permettono di illuminare con la giusta luce, mai standard, sempre tremolante, in continuo movimento, viva, e come tale capace di far sfavillare le nostre vite. 

D’altra parte è grazie a questa possibilità di illuminare il buio, di immergersi nelle ombre o lasciarci formare dall’ombra, che la nostra prospettiva si libera da costrizioni culturali, da pregiudizi, da automatismi ereditati, e riusciamo a rendere flessibile il nostro punto di vista, renderlo vivo, capace di movimento, di cambiamento. E la liberazione diventa una capacità di modificare il nostro punto di vista. Che oggi per me, in chiusura, vuole provare a essere quello di un gufo, l’uccello notturno simbolo di una capacità di vedere nell’oscurità anche più profonda. La parola gufo me l’ha regalata l’editore di Noctua Book, che ringrazio per avermi donato due libri, dei quali scriverò con più dettagli appena li avrò letti. “Gufi e poeti” l’ho scelto per riportare il mio cuore verso la poesia e la mia attenzione verso coloro che come gufi hanno occhi capaci di esplorare le tenebre e tradurle per chi le vive, ma non saprebbe interpretarle se non leggendo. E così facendo le illumina e ha una possibilità di liberazione da quelle stesse tenebre. “Storie di gufi” me lo ha regalato invece l’autore/editore, Marco Mastrolilli. Lui è un naturalista specializzato a tal punto nella ricerca e nello studio dei rapaci notturni da ricevere negli USA, nel 2015, il premio come miglior ufologo dell’anno ed entrare così nella World Hall of Fame. Lo ringrazio per il suo gesto generoso che mi ha permesso di avventurarmi in questa prima notte a scrivere di Plpl2021, con la sicurezza di essere guidata e accompagnata dal gufo che è in me e che mi aiuta a vincere la paura del buio!