Volto

Volto

Dicembre 8, 2021 0 Di Marta Cerù

Stamattina, mentre mi avvicinavo alla Nuvola di Fuksas per raggiungere Plpl2021, guardando il cielo screziato di nuvole e riflesso nelle pareti di vetro attorno alla nuvola bianca, mi chiedevo quale fosse il vero volto di questa fiera degli editori che celebra i suoi primi vent’anni.

Avevo l’idea di cercare la risposta ‘dietro le quinte’, ma come spesso mi succede non avevo un piano per arrivarci. È per questo che la cronaca di questa quarta giornata parte dalla fine, dall’incontro con un libro progetto che la parola quinte la contiene nel titolo: “Donne impreviste. Storie dietro le quinte”, per Rapsodia Edizioni è a cura di Lucia Caponera, Angela Infante e Alessandra Rossi.

La copertina di questo libro è davvero bella, sia per il volto di donna, sdoppiato nel profilo della sua stessa ombra, sia per la parola collage, ognuno creato dalla counselor e artista Angela Infante, per rappresentare le donne delle varie storie. La parola collage si presta a definire sia la forma che i contenuti di questo progetto/libro, che ha per tema la violenza e l’abuso nelle relazioni di intimità tra donne. Tra i tanti aspetti di un argomento sensibile e ancora troppo sommerso e marginalizzato, quello che mi ha colpito di più riguarda il fatto che la violenza possa essere nascosta nella mutualità. Cioè nella indistinguibilità tra subire e agire, tra essere abusate o abusanti. Non pretendo di ridurre in poche righe la complessità di un lavoro durato dieci anni e destinato a continuare, per raggiungere sempre più donne e aiutarle a rimettere insieme parti di sé come in un collage. D’altra parte, queste mie cronache hanno senso nell’immediatezza del restituire le tante parole che incontro e incollo con a cuore il senso del collage figurativo. 

Sono partita oggi dall’incontro intitolato “Cronaca e vita quotidiana. L’altro volto della disinformazione”, durante il quale la giornalista Rai Claudia Mazzola moderava un dialogo tra la giornalista di Uno Mattina Monica Giandotti, i giornalisti Gianni Riotta e Giorgio Zanchini e il responsabile della Comunicazione Tim Simone Cantagallo. Il tema riguardava come orientarsi per informarsi in maniera critica e consapevole, per non subire gli effetti delle ‘eco chambers’ e del proliferare di ‘fake news’. Esiste un diritto alle proprie idee, ma esistono i fatti, dai quali non si può prescindere. E il volto dei fatti va riconosciuto, per non rischiare di diventare vittime di sistemi progettati per alimentare la disinformazione. In questo senso, Gianni Riotta, dalla sua posizione di Direttore del Luiss Data Lab, all’interno del consorzio IDMO (Italian Digital Media Observatory), mi ha consegnato la parola verità, perché il tempo in cui viviamo ci pone la questione di chi sia a decidere che una cosa è la verità. Ma l’azione di verificare, a prescindere da chi la compia, deve basarsi sui fatti. Ovvero, solo i fatti possono costituire le fondamenta per costruire argomentazioni finalizzate a smascherare il vero volto della disinformazione.

In questo contesto legato alla cronaca e alla vita di ogni giorno, il volto di Patrick Zaki ha fatto capolino, grazie alla notizia della sua imminente scarcerazione. L’udienza era prevista per oggi 7 Dicembre 2021 e ha emesso la sentenza che, pur non assolvendolo, gli permetterà di uscire dal carcere dopo 22 mesi di prigionia. Plpl2021 aveva ospitato l’evento dedicato alla storia di Zaki e agli oltre sessantamila prigionieri politici in Egitto, seguiti da Amnesty International. Mohamed Hazem Abbas, in visita a Roma, aveva riportato due messaggi dell’amico in carcere: la richiesta di non dimenticarlo e l’invito a leggere il libro tradotto in italiano di Alaa Abd El-Fattah, “Non siete ancora stati sconfitti” (HopefulMonster Editore).

Dell’incontro mi avevano colpito due cose. La prima, la videochiamata della sorella di Patrick, Marise Zaky che ringraziava per il sostegno e l’attenzione, sia da parte di Amnesty che della Plpl. La seconda, il racconto della giornalista Francesca Caferri che, avendolo incontrato qualche mese fa, aveva comunicato una grande preoccupazione per il volto attuale dello studente egiziano, così diverso da quello sorridente e in salute, che abbiamo imparato a riconoscere. Oggi Patrick ha un volto invecchiato, stanco e sofferente, ma che finalmente potrà tornare libero, seppure purtroppo non assolto.

Di volto in volto, sono tornata in Umbria a esplorare lo stand regionale Umbria Libri, la fiera dell’editoria che quest’anno si è chiamata “Lato-Donna”. Le parole dal volto femminile me le ha regalate la responsabile Maria Teresa Paoletti, riferendosi alle due donne che hanno creato la casa editrice Jo March Edizioni, specializzata in traduzioni dall’inglese letterario dell’Ottocento. Grazia, ancora più che delicatezza, rende bene la sostanza di una piccola casa editrice indipendente che ha traduzioni dall’inglese classico dell’Ottocento, testi mai usciti in italiano o dimenticati da tempo. Il nome Jo March è un omaggio alla protagonista di “Piccole donne”, mi fa notare la Paoletti. In quello spazio umbro ho incontrato l’illustratrice, oltre che editrice di “Pulci Volanti”, Chiara Bongiovanni, che con i suoi disegni rende un fatto tangibile la parola che mi regala: evocativo. Come lo è il nostro breve scambio di esperienze e di vita, che ci riporta a vissuti e amicizie in comune.

Uno più uno non fa sempre due, una qualsiasi storia non ha mai un solo piano di lettura, a volte ne ha due, a volte tre, a volte infiniti? Piano B è quella casa editrice alla quale torno sempre per cercare le piccole cose delle quali non si può fare a meno, quelle delle quali purtoppo troppo spesso ci dimentichiamo. I due editori sono speciali nelle scelte che hanno a che fare con temi legati all’ecologia, alla natura, alla scienza e alla filosofia. In questa giornata andarli a visitare mi ha premiata con la scoperta della pubblicazione di un libro che ho amato tantissimo, così come il suo autore che conobbi a New York ormai più di vent’anni fa. Edward Wilson mi dedicò alla fine di un congresso sulla biodiversità, organizzato dal Museo Americano di Storia Naturale (AMNH), il suo libro Biofilia, che e una vera e propria dichiarazione d’amore per gli infiniti volti della vita sulla terra. Disegnò accanto al suo autografo una minuscola formichina, che ancora conservo. Se penso ai miei passi da allora a oggi mi riconosco in quell’insetto che custodisco dentro di me, un piccolo tassello di chi sono oggi.

Mi rendo sempre più conto che la Plpl2021 ha uno spirito amplificato di comunità. E questo mi riporta alle Edizioni Comunità, dove sono passata a ritrovare un piccolo grande libro intitolato “Discorsi per il Natale” di Adriano Olivetti. Da quel testo in prosa è bastato un balzo leggero per arrivare alla poesia. Non si tratta di una questione solo spaziale, seppure lo stand di Interno Poesia si trovi molto vicino a quello di Edizioni Comunità. L’accostamento ha a che fare con la parola abnegazione che mi consegna l’editore Andrea Cati illustrandomi la sua percezione del lavoro dell’editore, che non richiede solo dedizione ma una vera e propria abnegazione, ovvero una sorta di fede felice. D’altra parte un editore che si concentra solo sulla poesia è una perla rara. Eppure non dovrebbe essere così, se è vero che non potrebbe esistere la prosa senza la poesia.

Il tema è al centro del bellissimo incontro “Nasciamo come poesia, poi gli anni ci trasformano in prosa. Vita letteraria di Jön Kalman Stefánsson”, che è un po’ una sintesi del libro “La prima volta che il dolore mi salvò la vita. Poesie (1988-1994), per Iperborea. Stefánsson ha dialogato con lo scrittore Giordano Meacci, raccontando di aver esordito da giovanissimo scrivendo poesie, alle quali ora guarda come se fossero scritte da un suo fratello giovane. E di aver recentemente pubblicato in Islanda un nuovo libro che lo ha fatto tornare alla poesia e lo ha reso felice, perché per molti anni aveva pensato che la poesia “non lo avrebbe perdonato per essersi allontanato da lei avventurandosi nella prosa”. Così ha dichiarato Stefánsson: “Il fatto è che non ero così contento del mio ‘giovane fratello’ poeta ed ero passato per necessità alla prosa. Ma mi sono sempre sentito un poeta che scrive prosa e ho sempre avuto paura che la poesia fosse delusa di me. In alcune occasioni, quando mi sedevo a parlare con la poesia, assieme a un bicchiere di whisky, pensavo che avrei prima o poi ripreso a scrivere poesia, forse quando sarei diventato più saggio. Ma anche se non sono diventato più saggio, la poesia è tornata e ho scritto come fossi preso da un raptus. E ora c’è questo nuovo libro, appena uscito nella mia lingua, nel quale l’ultimo poema, il più lungo, dice che l’unico testo scritto che può arrivare ad essere letto dalla morte è la poesia. E siccome i morti, dall’inizio dei tempi a oggi, sono un numero grandissimo, i poeti sono le rockstar nel mondo dell’aldilà, così come i loro traduttori”.

La lingua di Stefánsson è infatti come una musica, che è la parola che mi regala. E mentre ascolto le persone in fila per il firma copie mi sembra di sentire le note dei suoi romanzi risuonare in un’unica melodia dai volti di ognuno di loro. La traduttrice Corina Gabualdi, che ha mediato l’incontro con l’autore, mi regala il verbo trasportare, ancora più efficace di tradurre, per descrivere il compito arduo di coloro che ascoltano una lingua e la trasportano nel codice del diverso contesto, dove farla arrivare perché sia compresa e accolta.

L’ultimo volto che saluto, prima di uscire anche stasera dalla scatola di vetro e atterrare sotto la nuvola, è quello di Andrea Mauri, mio compagno di ascolto e di viaggio nel mondo di chi scrive e di chi legge, quindi nel mondo che vorrei fosse di tutti. Sono sue le parole che rilancio per chiudere il sipario di questa giornata, sono parole serie, come rivoluzione, resistenza, coraggio. Parole di cui sono intrise tutte le storie che ho incontrato fino ad ora. Perché vivere e lavorare per trasportare parole sulla carta è una questione di coraggio, richiede resistenza (che sia ai virus reali o a quelli virtuali), ma ne vale la pena, sempre, se la posta in gioco è anche una sola rivoluzione umana.