Ritorno

Ritorno

Novembre 20, 2022 0 Di Marta Cerù

La parola Ritorno me l’ha regalata tempo fa il poeta Alessandro Anil, dopo che l’avevo ascoltato parlare del suo libro “Versante d’esilio” (Minerva Edizioni), sul palco dedicato agli incontri tra autori e lettori, all’interno della rassegna Il Mondo Nuovo. Ero passata per caso e sono rimasta catturata dalle parole di Anil, riguardo alle origini della sua poetica.

Ritorno è una parola che attraversa aeroporti, stazioni ferroviarie, porti, luoghi non luoghi dove appunto si varca la Soglia del Ritorno. A volte perché si parte, e quindi prima o poi si farà Ritorno, a volte perché si arriva, tornando appunto da dove si era partiti. Una settimana fa ero in aeroporto ad accompagnare mia figlia Lucia, che partiva per la sua nuova casa in Olanda, e ho sostato seduta a guardare la gente per quasi un’ora. Non partivo ne tornavo, stavo nel non luogo dell’attesa e mi sono ricordata della parola Ritorno, per come me l’ha donata Anil, mentre lo salutavo dopo aver ricevuto il suo libro. Nato in India, l’autore ha studiato alla scuola di Tagore (Visva-Bharati), fondata a Santiniketan, ma ha lasciato la sua patria a sedici anni per raggiungere l’Italia e iniziare a esplorare l’Europa. Scrive in Italiano e il suo libro “Versante d’esilio” ha vinto, come opera prima, il Premio Gozzano 2022. Il titolo è intriso in potenza della parola Ritorno. E molte delle poesie del volume la contengono, evocando quel processo che inizia quando si lasciano i luoghi delle proprie origini e da allora in poi si anela ad essi, con una tensione che non si risolverà davvero mai.

Torvo la parola Ritorno, intesa come quel tornare al proprio centro, nella poesia Passaggio:

“(…) Dentro ogni raccoglimento c’è un ritorno; un tu

in questo cammino verso se stessi. Lontananza. Infinite

le immagini che mi attraversano mentre parli. Una presenza 

di te altrove mi percorre la schiena e sono costretto a cambiare posizione”. 

C’è una componente dialogica molto forte nelle poesie di Anil, che scrive rivolto a un tu. E anche in questo è evidente la tensione verso qualcuno o qualcosa, quella spinta a ritornare alla conoscenza di colui che altro non è se non il poeta stesso. Come nella lettera all’amico di infanzia. Bellissimo componimento in due parti, incentrato sulla separazione e sul desiderio di Ritorno, sulla differenza e sull’unione delle due situazioni opposte ma speculari di chi parte e di chi resta:

“Di ali, se proprio devo ammetterlo, 

ne ho sempre avute io più di te, ma la tua dolcezza…

Quella dolcezza terrena con quell’odore misto 

di terra fangosa che tanto ti ha generato, non l’ho mai saputa,

a tratti l’ho intravista, è vero, e questo

se proprio devo essere sincero mi è bastato, mio caro amico,

sei rimasto tu in quel villaggio, al quale faccio ritorno,

ma nella discrepanza fra ciò che un posto è diventato 

e i ricordi che se ne portano, più mi avvicino, più tutto si allontana. (…)

Allora ti chiedo solo questo mio caro amico d’infanzia,

vienimi accanto, ovunque mi trovi,

sii vicino, tu e quel tuo odore di terra bagnata.”

La poesia di Anil è una poesia del fare, si percepisce il rapporto stretto del poeta con l’esercizio e la disciplina, con la manualità della parola. “Una delle svolte del Novecento è stata concettuale”, ha spiegato l’autore dal palco de Il Mondo Nuovo. “Io trovo importante il legame manuale tra ogni artista e il suo strumento. Ritengo la poesia come un oggetto costruito con le mani. Si tratta di riempire un vaso in modo che io sia vuoto. In questo modo le nostre idee confluiscono in quello che facciamo, nell’oggetto plastico costruito con cura. La materia poetica assorbe e io stesso la assorbo. Piano piano la forma che si crea diventa la griglia con cui io vedo il mondo”.

E il mondo di sensazioni che filtrano attraverso questo volume, denso di parole attorno al tema dell’esilio, è quello di coloro che sono lontani dalla propria terra. Si tratta di sensazioni che tutti possono provare, ma solo chi è in esilio sa che quel versante è il prezzo della propria libertà. Ed è da lì, da quell’elemento di mancanza, che si è spinti a fare un percorso attraverso il quale cercare la pienezza. Nell’ottica di filosofi come Empedocle ed Eraclito, riferimenti importanti dell’autore, gli opposti sono uniti, e per Anil il punto cardine dell’esperienza poetica è raggiungere l’unicità degli opposti attraverso un percorso. Scrive lo stesso autore rispondendo a cinque domande che introducono le sue poesie: “Qualsiasi sia il punto di ritorno, è sempre ciò che esercita una continua azione, un richiamo che imprime il suo marchio. Una poesia può essere qualcosa di grandioso e meraviglioso se attraverso di essa si riesce a esercitare una tensione sotterranea verso un ricongiungimento”. Nel fare poesia, Anil crede nell’esercizio continuo, quello di una qualsiasi disciplina, “una pratica verso cui ci si rivolge per comprendere qualcosa che altrimenti non riusciremmo neanche a vedere”. Riprende lo stesso autore. “Non è molto diverso da attraversare una città o una foresta che è esistita e continuerà la sua esistenza anche dopo di noi. Se siamo puri e costanti, essa può arrivare a illuminare qualcosa di nostro, a guidarci o almeno a superare alcune limitazioni che la vita ha imposto”.

Faccio spesso ritorno al libro di questo poeta nelle ultime settimane. La profondità dei suoi testi è tale, che a ogni lettura trovo un nuovo strato da attraversare, con la sensazione di ritornare nello stesso posto dopo qualche tempo e notare particolari che a prima visita mi erano sfuggiti. Ciò mi fa pensare a una mia attitudine rispetto al tema del Ritorno. Forse perché fin dall’infanzia, per un motivo o per l’altro, sento di essere in cerca del luogo al quale fare Ritorno, ogni volta che viaggio, che visito un posto nuovo o anche già frequentato in altri tempi, penso sempre a cosa lasciare da vedere per la prossima visita, dando per scontato che ci ritornerò, prima o poi. E così, più si allunga la lista dei luoghi nei quali approdo per un breve tempo, più si dirama l’anelito al Ritorno verso quegli stessi luoghi lasciati prematuramente. E questo spesso vale con le persone che incontro e che saluto, prima o poi tornerò a incontrarle, mi dico, lasciando che quel filo invisibile ma teso della relazione non arrivi mai a spezzarsi.