Sconfinamenti

Sconfinamenti

Gennaio 5, 2024 0 Di Marta Cerù

Ho potuto cogliere il duplice significato della parola scarto, grazie a una mostra evento, o anche a un evento costruito attorno a una mostra. Sconfinamenti è il titolo di una realizzazione composita, ideata da una comunità di artisti, orbitanti come satelliti attorno alla Caserma Archeologica di Sansepolcro. Una realtà culturale viva in Alta Valle del Tevere, area espositiva, laboratorio artistico, luogo di incontro e scambio, recupero architettonico di Palazzo Muglioni, come il nome di Minerva Muglioni, moglie di Silvio Buitoni. Le sale espositive erano, a inizio Novecento, le stanze dell’abitazione di Minerva, dove lei era solita tenere i suoi salotti culturali. Oggi, il palazzo accoglie utopie possibili, grazie al lavoro di Ilaria Margutti e Laura Caruso, come il progetto dal titolo Sconfinamenti. (la mostra sarà visibile fino al 13 gennaio 2024)

Uno degli artisti presenti è Elio Mariucci, che conoscevo come poeta, ma che, in questa occasione, ha esposto opere sincretiche, che declinano la sua poetica ponte tra le parole e gli scarti appunto. Elio raccoglie oggetti di ogni tipo, li trova e li conserva perché diventino parte di una tavolozza di colori adatti alle sue opere materiche, collage di scarti e parole. Scarto come rifiuto, quindi, ha spiegato l’antropologa Michela Marchetti, declinando in parole l’intento di Mariucci, e scarto come quell’intervallo di tempo e di spazio, quel filo teso che l’artista attraversa per arrivare a plasmare il rigettato in elemento di senso e poesia, visiva e letterale. Questa operazione permette uno scarto anche all’artista, che dalla sua opera viene plasmato, curando se stesso e il proprio ambiente. Non esiste divisione, confine, tra noi e l’ambiente, tra noi e ipotetici altri, e l’arte è il gancio capace di unire, consentendoci di sconfinare attraverso confini che esistono solo in apparenza.

Michela Marchetti è un’antropologa medica, specializzata nella salute umana, e il suo intervento, recitato da lei stessa e accompagnato dalle note del clarinettista Fabio Battistelli, sarà parte del catalogo di una mostra che, sconfinando dalle pareti di un’area espositiva, diventa occasione di incontri, di parole scambiate e note musicali in circolo, di riflessioni condivise, suggestioni, passaparola e creazione di mappe alternative, capaci di eliminare i confini intesi come limite, come barriera, come separazione, specialmente quelli spostati in mare, da un’Europa decadente nei suoi valori fondanti, che si rende colpevole di abbandonare all’annegamento esseri inermi in cerca di vie di fuga dall’orrore.

Uno degli artisti che ha contribuito alla mostra dalle molte facce, un po’ come le piccole figure poliedriche e colorate che Mariucci incastona come gemme custodite in bacheche a rappresentare tesori, è Fabio Mariacci. I suoi quadri dai segni astratti sono quadrati grandi, in cui le forme geometriche si ripetono e si incastrano, in una regolarità di colori e forme che si presta a interpretazioni soggettive. D’altra parte è sempre così con l’arte, ogni lettore legge il suo libro, trova in un quadro riflessa la propria storia, si fa specchio di un oggetto, di una cosa e vi ritrova la propria anima. Una delle opere di Mariacci è il libro intitolato Confine sul Mare, un volume che con parole scelte, segni e colori narra il dramma del Mare Nostrum.

La persona che mi ha invitata a partecipare alla seconda serata di Sconfinamenti, dedicata all’antropolgia, è la poetessa Simona Possenti, scrittrice, filosofa, insegnante, anima sconfinata, abituata a interpretare le mappe stando sui confini, sulla Soglia (come il titolo della sua raccolta di poesie, per Bertoni Editore). Il suo contributo è un racconto, ispirato a una delle opere di Mariucci, che l’autrice ha trasmesso oralmente ai visitatori, durante il primo evento che apriva la mostra. Il video di quella performance è ora parte della mostra.

L’istallazione mi trasmette il profondo senso della narrazione orale, come l’arte di essere umani, capace di tramandare, sconfinando il tempo che ci è dato di vivere. Ciò che narriamo a qualcun altro rimarrà nella sua memoria, così da sconfinare in altre vite oltre la nostra e mantenere vive culture, come l’antropologia insegna. La parola che ho colto nel video di Simona è cappello a cono, che si è trasformata nel senso di incanto che si prova ascoltandola, come quando si ascolta una storia da bambini. Mariucci stesso mi racconta la storia delle sue opere tornando ai ricordi di infanzia, al suo sguardo e alle sue percezioni di bambino, alle sue paure di allora che, attraverso l’arte, si vestono di ironia, si trasformano da mostri in fantasmi simpatici, come nel suo libro “Inventario d’ombre”.

Una delle caratteristiche della serata è stata lo sconfinare oltre i limiti di un orario prestabilito. Che è un po’ quello che dovrebbero consentire tutti gli spazi dove ritrovarsi in una comunità aperta, senza confini, come i gruppi di artisti di ogni epoca ci dimostrano. Solo così riusciamo a incontrarci nel vero dialogo, quello che ci consente di estrarre mappe nuove dalle parole che ci svolazzano attorno. Grazie a questo tempo sospeso, ho potuto incontrare un’anima gemella, Ilaria Margutti, che mi ha regalato la parola sincronicità. Lei è un’artista del ricamo, ago e filo sono i suoi pennelli e colori. E la sua interpretazione del titolo Sconfinamenti è tangibile nelle opere di tela, dove le sue poesie sono ricamate con ago e filo. L’artista/autrice mi racconta come l’idea sia nata durante il periodo di primo lockdown. Come per tante di noi, anche per lei un momento in cui fare i conti con la propria creatività e curiosità, per uscirne forse più sole ma sicuramente più arricchite di autoconsapevolezza. Ilaria Margutti ha chiesto una parola a 17 persone e, ispirata dalle poesie di Antonella Anedda, da quella parola ha lavorato per costruire mappe. Una parola contiene infinite diramazioni che corrispondono all’incastro con altre parole nell’intento di trovare mappe. Nel caso di Ilaria la ricerca è avvenuta nella poesia, attraverso la selezione e lo scarto che avviene per raggiungere la scrittura poetica, e lo scarto successivo dal segno di matita sul foglio o sulla tela, al ricamo delle parole. Le poesie ricamate su tele contengono la parola originaria, evidenziata dal filo rosso, dal quale o nel quale attingere significato, senso, interpretazione, mappatura della propria e dell’altrui realtà di pensiero.

Conoscere Ilaria è stato riconoscere grazie a lei il mio intento. La sua attrazione per le parole che altri ci regalano ha risuonato con la mia. Ho visto come in uno specchio quella richiesta strana, quella cura nel custodire una parola acchiappata o regalata, quel lavorio per incastonare le parole in qualcosa che da sé torna all’altro. Ho ritrovato lo spirito che ha alimentato in questi anni la mia ricerca nella scrittura con questo blog di acchiappaparole, che parte sempre, sia nei momenti piovosi sia in quelli aridi, da una parola che mi viene donata. Posso utilizzarla nell’immediato o custodirla per mesi, ma sono sempre sicura che la ritroverò perché avvenga lo scarto che la rende parte di un collage di senso, di una mappa appunto.

È grazie alle mappe che possiamo sconfinare, mappe di terra, di mare, di cielo. E proprio in tema di cielo, Ilaria Margutti mi regala un’altra sua parola, quella forse più bella, che lei stessa ha ricevuto durante la costruzione del suo progetto poetico che ha reso tangibile il filo della scrittura (di cui parlava Galileo) utilizzando il ricamo. La parola è Effemeridi. “Mi piace il suono, è evocativo, esotico”, mi dice, “poi quando ne conosci il significato ti accorgi che tratta di conti, di calcoli, di matematica”. Le effemeridi sono infatti tabelle in cui fin dall’antichità venivano inseriti valori, come la magnitudo delle stelle, numeri corrispondenti a misure di grandezze relative ai movimenti degli astri in un intervallo di tempo. “Se guardi al significato quasi perdi la magia del suono di questa parola cosi bella”, mi spiega Ilaria. E da questa frase colgo la sua anima di ricercatrice di senso, e colgo un aspetto della mia ricerca, qualcosa che va a volte al di là del significato o dei significati, ma che riguarda una fascinazione per i suoni, per i colori, per gli occhi dai quali le parole sconfinano, permettendo lo scambio, la fusione, l’incontro, la comunicazione, anche attraverso significati diversi che ognuno di noi trova nella stessa parola.