Biofilia
La Biofilia, secondo Edward O. Wilson (10 Giugno 1929-26 Dicembre 2021) è la “tendenza innata a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi vitali. (…) Fin dall’infanzia, con animo felice, noi concentriamo la nostra attenzione su noi stessi e sugli altri organismi. Apprendiamo a distinguere la vita dal mondo inanimato e a dirigersi verso di essa come una farfalla attratta dalla luce di una veranda. Teniamo in particolare considerazione la novità e la diversità (…) Esplorare la vita e capire che ne facciamo parte costituisce un processo profondo e complesso nel corso dell’evoluzione mentale. In una misura ancora sottovalutata dalla filosofia e dalla religione, la nostra esistenza dipende da questa propensione, che interessa tutto il nostro spirito e nutre con i suoi umori le nostre speranze. (…) nella misura in cui riusciremo a comprendere gli altri organismi – in cui daremo loro un maggior valore – lo daremo anche alle nostre vite”. La definizione l’ho tratta dal libro di Wilson intitolato “Biofilia. Il nostro legame con la natura”, edito da Piano B Edizioni.
Chi di noi non si è incantato almeno una volta nella vita a seguire una formica operosa? A volte con spirito curioso, altre volte con animo dispettoso? Ma da lì a dedicare una vita intera a studiare formiche ci vuole una passione profonda, un amore per la vita in tutte le sue forme che ha un nome, biofilia. Questa parola è incarnata nella vita e nelle opere di uno dei più grandi naturalisti, biologi, evoluzionisti e scrittori del nostro tempo, Edward O. Wilson, morto il 26 dicembre 2021 a 92 anni. Il suo amore per la vita ha riguardato soprattutto le formiche, ma da lì si è esteso all’intera varietà delle specie viventi, la cosiddetta biodiversità. È merito di Wilson aver coniato, già nel 1992, quella parola ormai di uso comune, e aver posto l’accento sulla crisi della biodiversità, di cui come specie umana siamo la causa principale. Si tratta di una crisi, chiamata Sesta Estinzione, che riguarda la perdita di specie in numeri troppo elevati per non preoccuparcene. Le stime più recenti delle Nazioni Unite riguardanti la biodiversità e gli ecosistemi indicano che circa un quarto di tutte le specie esistenti rischiano l’estinzione, alcune nel giro di un decennio. E quando una specie scompare, con lei perdiamo per sempre sia patrimonio genetico che possibili interazioni e comportamenti.
Ho incontrato Wilson personalmente nel 2002, partecipando a un convegno sui temi della conservazione della biodiversità, organizzato dal Museo Americano di Storia Naturale a New York. Il suo libro, “The Future of Life” era appena uscito in America (in Italia è stato pubblicato da Codice Editore nel 2004, curato da Telmo Pievani e tradotto da Simonetta Frediani con il titolo “Il futuro della vita”), e io lo conservo come una pietra miliare della divulgazione riguardante temi che venti anni fa non erano all’ordine del giorno. Accolse le mie curiosità con la pazienza e la gentilezza che lo caratterizzavano e si prese il tempo di disegnare una delle sue amate formiche firmando la dedica al suo libro. Riguardandola mi rendo conto che dopo un ventennio la prospettiva che Wilson ci offriva allora è purtroppo ancora attuale e poco o nulla si è davvero fatto per contrastare la crisi che stiamo vivendo. Che non è solo quella del cambiamento climatico. A forza di parlare di clima si perde di vista che circa tre specie spariscono ogni ora a causa delle azioni di una sola specie, la nostra.
Il 13 luglio del 2010, in un’intervista trasmessa da Radio Tre Scienza, intitolata “Il re delle formiche”, Rossella Panarese, chiedeva al grandissimo mirmecologo, ovvero studioso delle formiche, ma anche all’inventore della sociobiologia e della parola biodiversità: “La natura fa errori?”. La risposta di Wilson suonava allora disarmante: “La natura, semplicemente, è”. Eppure, il suo discorso si contraddiceva, nel senso di affermare che proprio la razza umana è forse il più grande errore della natura, perché l’evoluzione l’ha resa così dominante e potente da mettere a rischio la sopravvivenza della vita sulla terra.
“La Terra, a differenza di altri pianeti del sistema solare, non è in equilibrio fisico”, scriveva Wilson in “The future of life” (Alfred A. Knopf – 2002). “Il suo guscio vivente crea le condizioni speciali che rendono possibile la vita. Il suolo, l’acqua e l’atmosfera che formano la superficie terrestre oggi si sono evoluti in centinaia di milioni di anni grazie all’attività della biosfera, un meraviglioso e complesso multistrato di creature viventi, interconnesse tramite precisi cicli di energia e di trasformazioni della materia organica. La biosfera ricrea ex novo il nostro mondo così speciale ogni giorno, ogni minuto, e mantiene un vacillante disequilibrio fisico. La specie umana ne è da sempre schiava. Quando alteriamo la biosfera in una qualsiasi direzione, allontaniamo l’ambiente dalla delicata danza biologica. Quando distruggiamo ecosistemi e contribuiamo all’estinzione di specie, degradiamo la vera eredità che il pianeta ci offre, minacciando la nostra stessa esistenza”.
Sembra strano rileggere un monito così preciso a distanza di un ventennio. Risuona come un allarme che non abbiamo voluto ascoltare e che forse siamo ancora in tempo per cogliere. Sia a livello globale, mentre su tutto il pianeta ci troviamo a fare i conti con la sopravvivenza al Covid 19, che a livello locale, mentre le battaglie ambientali, in Umbria come in Italia e in Europa, riguardano l’opposizione alle monoculture, agli allevamenti intensivi, alla mala gestione dei rifiuti. Il comune denominatore di ogni voce per la salvaguardia della vita sulla terra è e deve continuare a essere contrastare la crisi di biodiversità. Perché è proprio la diversità il fondamento dell’evoluzione e dell’adattabilità di ogni specie, inclusa la nostra.