Lingotto 2: Pezzettini

Lingotto 2: Pezzettini

Maggio 14, 2019 0 Di Marta Cerù

[…Segue…] Il compito che mi si presenta all’alba di una mattina in cui il treno mi aspetta per riportarmi a casa mi sembra impossibile. Non so se potrò essere all’altezza di restituire tutte le magnifiche parole che mi sono state regalate.

Alcune persone me le hanno donate inconsapevolmente, attraverso le loro presentazioni di libri, la loro scrittura, la loro piccola o grande casa editrice o la loro libreria. Altri invece mi hanno sorriso, ci hanno pensato un attimo e hanno risposto generosi alla mia precisa richiesta: “Regalami una parola”! E nessuno, dico nessuno, si è sottratto.

Comincio dalla fine, dalla serata trascorsa in compagnia degli amici ereditati dalle generazioni dei miei antenati. Maurizio e Cristina ci invitano, me e Breon, nella Casa del Quartiere di San Salvario, per un aperitivo/cena, in un luogo di tutti. Ci sono anche Andrea e sua moglie Alessia, la figlia Fanny e i due amici Matteo e Pietro, Pietro e Matteo. Loro, undicenni, mi regalano le parole Estate e Fantasia, come è giusto che sia, i bambini sanno cosa è buono e giusto. Alessia mi parla di Acqua e di un romanzo che sta leggendo, intitolato “La storia dell’acqua” di Maja Lunde (Marsilio Editore). L’autrice ha anche scritto e pubblicato per Marsilio “La storia delle api”, mi dice Alessia, rompendo il suo consueto silenzio. Come tutte le donne di poche parole, ha occhi profondi, nei quali trovare una saggezza antica, attenta all’essenziale, l’acqua appunto (di Acqua ne ho scritto in parte raccontando del melologo di Michele Serra intitolato “Sull’acqua”). Mi viene da pensare che i temi dell’ecologia, legati all’ambiente e al suo equilibrio instabile, sono ricorrenti tra gli stand del salone, tra gli interventi, tra i discorsi che catturo durante le varie presentazioni. E parole come acqua, clima, alberi, sostenibilità, equilibrio, sembra che popolino con un’alta densità le pagine dei libri in fiera.

Cristina è appena tornata da un weekend di full immersion nella pratica dell’Aikido e del Katsugen Undo (Movimento Rigeneratore) e mi regala la parola Fusione. È la parola chiave della Scuola Itsuo Tsuda, che insegna a cercare la fusione di sensibilità con l’altro. Non è una vera e propria arte marziale, non riguarda una ricerca solo individuale, piuttosto è una pratica a due che sfrutta i principi del non fare e del non pensare. Penso al principio buddista del Disarmo Interiore, l’idea che il vero ascolto nasca quando si riesce a porsi verso l’altro privi di pregiudizio, privandoci dei nostri pensieri pregressi: solo senza fare e senza pensare, possiamo davvero metterci in ascolto? Fanny mi regala la parola Libertà, lei che studia cooperazione internazionale, che ha 23 anni, grandi sogni e forse sente di avere poco tempo per realizzarli. Mi fa pensare a Greta Thunberg e al suo “La nostra casa è in fiamme” (Mondadori), è parte della generazione che ci segue e alla quale stiamo lasciando un pianeta in crisi, che dobbiamo sbrigarci a rassettare.

Ho incontrato tanti giovani girovagando per gli stand, soprattutto un gruppo di amici della stessa età di Fanny, conosciuti tramite Andrej, che mi ha fermata per parlarmi dei progetti di Actionaid. Tra loro una Marta, mia omonima, pratica e multitasking, che mi regala la parola Perseverante, poi c’è Giampiero con la parola Sincero, e Luciano che mi scrive la parola Saggio. Andrej invece mi ha detto che la sua parola è Crazy, che vuol dire folle, pazzo. Sento che me la regala intendendo la follia che ci rende unici e insostituibili. Abbiamo intavolato un discorso a tappe, un Andrej e una Marta che si incontrano per caso nel salone: lui mi ha raccontato la sua vita tra la Romania e il Piemonte, mi ha confidato una storia di famiglia che avevo in parte intuito, fatta di incidenti e disgrazie che capitano nella vita, come quando si perde una persona cara e la si ritrova in qualcun altro, o quando perdiamo noi stessi e solo così riusciamo a ritrovarci. Mentre mi parla di sua madre passa per caso Andrea Mauri, lo scrittore di cui ho raccontato riferendomi alla Cura, e la coincidenza è troppa per pensare che sia casuale. Mauri ha scritto in modo delicato del rapporto tra un figlio e una madre e a lui rubo la parola Sguardo, perché da un incontro di sguardi a un altro sento di aver trovato il modo di cucire insieme due quadrati (come nelle coperte dei ricordi di mia madre) e due parole: Cura dell’Andrea scrittore con Crazy dell’Andrej lettore. Possono forse scambiarsele (Andrej mi ha raccontato che anche a lui scrive), ma penso che il risultato sarebbe lo stesso. È l’incontro tra le parole che conta per intavolare un discorso.

Alla fine della serata a San Salvario, Maurizio, anche lui fisico e in un certo senso ricercatore a vita, mi parla di Sincerità, e come non potrebbe, tra noi non ci sono mai stati segreti, e anche se ci sono stati non ce ne siamo mai accorti. C’è qualcosa nella nostra amicizia che mi riporta a un tempo in cui lessi “Il grande Meaulnes” di Alain Forunier (Feltrinelli), la storia dell’amicizia tra due adolescenti, raccontata con una poesia che la rende universale e che risuona con il sentimento che ho sempre provato per alcuni amici speciali. Lo lessi a quattordici anni circa, in una vecchia edizione della Biblioteca Universale Rizzoli, avevo anche io quell’età in cui tutto cambia a una velocità accelerata mentre tu stai lì ferma, ‘né carne né pesce’ e ti sembra che tutto resti uguale.

Provenienti dall’altrove delle pagine dei suoi libri, si sono sedute al nostro tavolo le parole della scrittrice torinese Valentina Diana. L’ha nominata Andrea Bertelli, proprietario della libreria “La Gang del Pensiero”. Tra le varie attività social di questa casa dei libri, che non ho ancora mai visitato ma che mi sembra di conoscere perché la seguo su facebook, il sito della libreria ospita i “Pezzettini” di un’autrice che non ho mai incontrato ma che considero un mio alter ego. Ha scritto due libri dei quali potrei avere bisogno. Uno si intitola “Smamma” (Einaudi) e parla del rapporto di una madre con il figlio adolescente. Il secondo è invece “Mariti” (Einaudi), mi spiega Andrea, e accostarli (in questo ordine) alla mia vita è una tentazione forte della quale, forse a causa della serata magica, rido a crepapelle. Leggendo i Pezzettini ogni venerdì trovo quello che cerco scrivendo, anche se me ne sento ancora lontana: la capacità di raccontare la complessità in modo semplice, immediato, incisivo, unendo piccoli pezzi, creando collegamenti, in poche frasi, pochi paragrafi, brevi ma capaci di andare in profondità. Tendo a essere prolissa, parto da troppo lontano senza sapere bene dove voglio arrivare, e per questo ammiro Valentina Diana e la sua scrittura.

Nel salone ero andata a salutare Andrea, impegnatissimo sulla Plaza de Los Lectores, il consorzio di alcune librerie indipendenti di Torino, radunate attorno al tema della lingua spagnola, su una piazza virtuale che il direttore del Salone Nicola Lagioia ha voluto in Fiera. I librai di quello spazio, con i loro libri di autori spagnoli, hanno ospitato le mie sacche cariche, oltre che varie presentazioni di autrici e autori che scrivono in lingua spagnola. Andrea mi ha regalato la parola Curiosità, come l’elemento necessario a far muovere il mondo. Bea, la sua fantastica partner libraia dal caschetto corto e biondissimo e un sorriso travolgente, mi ha regalato la parola Prospettiva. L’avevo già catturata e ne avevo scritto riguardo a Piero della Francesca e al potere della scrittura di raccontare le diverse prospettive del vero (in quel caso avevo tratto la parola prospettiva dal romanzo di Ester Arena “Il piano cartesiano dell’amore”). Però questa volta l’associo alla Mole di Torino, a una vista spettacolare delle Alpi e dei tetti rossi, all’ascensore che ho preso per salire in cima, che mi ha fatto pensare al finale della storia di Rohal Dal, “La fabbrica di cioccolato” (Salani), ma soprattutto al Museo del Cinema, dove ripercorrere tutte le tappe che hanno portato dal teatro delle ombre, alle camere oscure, alle prime macchine fotografiche e all’invenzione della macchina da presa e del proiettore. Tutto grazie allo studio dell’ottica, della luce e non ultimo della prospettiva. Sempre sulla piazza, il libraio Gabriele, la sua libreria si chiama “La casa delle note”, mi lancia la parola Amici, quelli veri specifica, quelli che anche se non ti vedi per un tempo senza confini, rimangono tuoi amici, sempre, come il grande Meaulnes appunto. O come l’amica Ester, compagna di scrittura, altro capo del mio filo teso. Lei le parole le va a cercare nel profondo, non le acchiappa casualmente come me, le trova, le scarta, le seleziona, fino a quando non raggiunge la perla, quella vera, quella di cui aveva bisogno e senza la quale il suo sguardo esprime la mancanza dell’inafferrabile.

E come noi, che alla fine della serata siamo un po’ brilli e ridiamo di tutto e di niente. “Siamo obsoleti, dice Andrea ridendo, e così mi regala una seconda parola da unire alla prima: la Curiosità è la chiave che abbiamo a disposizione per aprire le porte sugli aspetti Obsoleti, dentro e fuori di noi. È la curiosità che ci spinge a crescere sempre, a muoverci, a non crogiolarci nello stare fermi, rischiando di atrofizzarci, di passare di moda o di sentirci vecchi. Con questo spirito, ubriaca delle emozioni assorbite nel Salone, che svaporano nelle risate di una serata che non dimenticherò, continuerò a catalogare, per non dimenticarle, tutte le parole che mi sono portata via con l’intenzione di restituirle. […continua…]